Vince Vaughn: dagli esordi a Swingers, Psycho e il coraggio di reinventarsi

L'attore si racconta al Torino Film Festival: "E' bello uscire dalla propria zona di comfort"

“Sono cresciuto fuori Chicago in una zona dove si faceva più sport che cinema, ma a me piaceva recitare. La mia famiglia amava guardare film e mi ha sempre supportato. Mi misi a studiare, arrivarono i primi ruoli in televisione finché a 18 anni mi trasferii a Los Angeles dove è cominciato tutto”. Solare e divertente, dall’alto dei suoi 196 cm, Vince Vaughn ha incontrato il pubblico del Torino Film Festival per condividere i suoi inizi e parlare di Swingers, il film che il direttore Giulio Base ha scelto per la consegna all’attore del premio Stella della Mole.

Non si può parlare di Swingers senza raccontare dell’amicizia tra Vaughn e Jon Favreau, nata appunto nella Città degli angeli quando i due erano poco più che venticinquenni. Swingers nacque da un’idea di Favreau, ma fu Vaughn a spronarlo a scrivere qualcosa che provenisse direttamente dalla loro esperienza personale. “Facevamo un sacco di provini per film che non ci piacevano. Allora dissi a Jon di pensare a qualcosa di nostro”. Neanche il tempo di due settimane, che l’amico tornò da lui con un copione intero. Era Swingers“Gli uscì fuori come un fiume in piena. Era fantastico” spiega Vaughn. Da lì iniziò il viaggio per cercare di realizzare il film. “Cominciammo a fare delle letture per trovare investitori e raccogliere i fondi. Fu molto utile perché potevamo già testare il pubblico, capire cosa trovavano divertente, cosa funzionava e cosa no”. Alla fine i soldi arrivarono e anche un regista: Doug Liman e circa 250.000 dollari di budget. ”All’epoca si girava in pellicola – continua Vaugh – e visto che i soldi non erano molti, andavamo nei negozi a mettere insieme quello che avanzava dalle bobine di vecchi cortometraggi”. 

Favreau aveva scritto il film basandosi sulle loro vite, ma la certezza che proprio loro avrebbero interpretato quei personaggi arrivò solo in secondo momento, quando altri attori rifiutarono: ”Non era scontato che John facesse il protagonista e io ho rischiato anche di non esserci. Doug offrì le parti ad altri attori che per fortuna rifiutarono”. 

Anche le location del film furono molto arrangiate, racconta l’attore: “I proprietari dei club erano nostri amici ed erano disposti a darci gli spazi, a costo che gli permettessimo di restare aperti”. Non c’era nemmeno bisogno di comparse a quel punto perché gran parte delle persone presenti sullo sfondo erano dei normali clienti del bar. “Avevamo una tale familiarità con il copione che riuscivamo a recitare le nostre battute senza farci distrarre dagli avventori, magari pure ubriachi”.

La musica swing fu un altro bell’azzardo. “All’epoca andava il grunge. Noi eravamo un gruppo di punk che non ne potevano più del rock, così cominciammo a formare band swing e a scrivere musica originale. Era divertente, con quei vestiti a ballare con le ragazze. Passammo serate fantastiche”.

Infine, un addotto per far capire quanto il film fosse indipendente: “La scena in cui lasciamo Las Vegas per tornare a Los Angeles la girammo in autostrada. Non avevamo i permessi, ma dovevamo solo girare quella scena, quindi ci attrezzammo con le telecamere. Durante il film si sentono le sirene della polizia in sottofondo: erano vere. Una volante si avvicinò, ma per fortuna Doug [Liman] riuscì a prendere tempo. “Ci penso io, voi continuate a girare” ci disse. Io e Jon girammo la scena più rapidamente possibile e la portammo a casa. È così che abbiamo fatto gran parte del film”.

Torino : 42 ° Torino Film Festival . Premiazione con Stella della Mole a Vince Vaughn . Nella foto : Giulio Base,Vince Vaughn

Complicità e fiducia. Per Vaughn sono state queste le chiavi del successo di quella pellicola, che poi è riuscito a replicare in tante altre collaborazioni che lo hanno portato a lavorare con i più disparati attori, da Owen Wilson a Ben Stiller, Jennifer Aniston e Jennifer Lopez, fino a farlo diventare tra i più prolifici attori di commedia, ma non solo. Negli ultimi anni soprattutto, Vaughn si è cimentato con generi diversi, come l’horror Freaky, i drammatici Seberg, La battaglia di Hacksaw Ridge e il prison drama Brawl in Cell Block 99. «Ho realizzato quanto è importante uscire dalla propria zona di comfort» ha ammesso. «Non ti annoi mai e ti costringe a stare concentrato. Il trucco è rimanere entusiasti, impegnarsi, continuare a imparare e buttarsi nel diverso». Come quando nel 1998 fece il remake di Psycho di Gus Van Sant, un’esperinza che Vaughn descrive «strana, quasi come un quadro di Warhol» ma che ha voluto fare perché stimava Van Sant. «Ero entusiasta di lavorare con un regista che mi piaceva tanto, avevo visto Drugstore Cowboy in un piccolo cinema appena arrivato a Los Angeles. Non pensavo al fatto che stavamo facendo un remake, non cercavamo di essere migliori dell’originale. Ascoltavo più che altro il regista e partecipavo al processo, è stato molto interessante. Non sono contro i remake, se qualcuno volesse rifare Swingers, sarei entusiasta di scoprire cosa uscirebbe e accogliere una nuova voce».

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