Babygirl, la recensione del thriller erotico con Nicole Kidman

Anche Antonio Banderas e Harris Dickinson nel film in concorso a Venezia 81

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Babygirl
(ph. Niko Tavernise)

Inizialmente previsto per il 20 dicembre prossimo, con lo spostamento della data di uscita al 25 dicembre 2024 (almeno negli States, da noi sarà distribuito da Eagle Pictures), il Babygirl di A24, scritto e diretto da Halina Reijn, promette di essere un inusuale film natalizio. Alla 81. Mostra Internazionale di Cinema di Venezia è arrivato come “thriller erotico”, ma la storia interpretata da Nicole Kidman e Harris Dickinson – tra le nuove star della giovane Hollywood dopo Triangle of Sadness e The Warrior: The Iron Claw – con Antonio Banderas, Sophie Wilde (Talk to Me) ed Esther McGregor è qualcosa di diverso, nel bene e nel male.

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IL FATTO

Romy è una matura e affascinante amministratrice delegata a capo di una importante azienda, una donna di potere con una famiglia perfetta e un marito (il regista teatrale Jacob, interpretato da Antonio Banderas) che la ama e con il quale ha una splendida intesa sessuale. Impossibile chiedere di più, a meno di non scoprire improvvisamente di aver bisogno anche di altro. Come accade quando instaura una relazione clandestina molto intensa con il giovane stagista Samuel (Dickinson) al quale si ritrova a fare da mentore e che le fa scoprire un lato nascosto di sé per il quale sembra pronta a mettere a repentaglio carriera e serenità familiare.

Babygirl

L’OPINIONE:

Dopo il drammatico Instinct e l’horror satirico Bodies Bodies Bodies la tanto celebrata A24 porta al Lido la nuova creatura della regista e sceneggiatrice olandese Halina Reijn, una donna dalle – tante – idee chiare e non priva di una certa dose di coraggio. Quello che ci vuole per parlare di perversioni e gusti sessuali, di scoperta, anche di sé, dell’accettazione (non passiva e per una volta consensuale) di dinamiche di potere, all’interno della coppia e sul luogo di lavoro, e del superamento di ogni tipo di limite come necessità imprescindibile per una crescita personale. Temi sui quali tutti – o quasi – ci piace mostrarci progressisti e aperti, ma che nella pratica spesso mettono alla prova la nostra effettiva capacità di comprensione.

Come succede ai protagonisti del triangolo (allargato) che domina la storia e che vediamo alternarsi al timone delle relazioni messe in scena. Di vario tipo, come potenzialmente infinite erano le possibilità di sviluppare le interazioni all’interno delle due (o tre) coppie oggetto del nostro voyeurismo. E se è apprezzabile l’intento della regista – e sceneggiatrice – di non giudicare i suoi personaggi lo è ancora di più quello di voler costruire “un film sul desiderio, i pensieri e i segreti, il matrimonio, la consensualità e il linguaggio” intorno alla Romy di Nicole Kidman, a giorni su Netflix nella serie di Susanne Bier.

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Un ricco catalogo di sfumature e temi, che difficilmente avrebbe potuto trovare una sintesi condivisibile da tutti, vista la varietà di punti di contatto che ciascuno potrà trovare con questo o quel personaggio. Un punto di forza del film, che aumenterà il coinvolgimento del pubblico – soprattutto quello più ‘cerebrale’ – ma che non smorza la sensazione di alcune debolezze nella scrittura (nonostante un intelligente uso della musica, e di canzoni dai testi narrativamente ben integrati nello sviluppo).

A tratti come frettolosa o confusa, affossata da dialoghi che non risolvono nella maniera migliore certe transizioni nella vicenda, finendo con risultare involontariamente ridicoli. Uno dei rischi di mettersi a nudo davanti a degli estreanei, d’altronde, come – encomiabilmente – fanno la star australiana di Eyes Wide Shut e la stessa Reijn. Alla quale auguriamo che il pubblico possa andare oltre certe leggerezze o approssimazioni per fermarsi a riflettere sul gioco dei ruoli, la diffusa tendenza all’autocensura e all’omologazione (per non parlare della facilità di giudizio) e l’importanza della condivisione, di una consensualità capace di portare alla sempre difficile definizione di una propria e unica espressione di sé, soprattutto nel sesso.

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Facile pensare a titoli come il Proposta indecente con Demi Moore o il Prestazione straordinaria diretto e interpretato da Sergio Rubini, visti i ruoli dei protagonisti in scena, ma qui il centro della storia non è sulle molestie sul posto di lavoro, e nemmeno tanto sul rischio di ricatto al quale queste espongono, quanto alla complicità che si sviluppa in un gioco di ruolo e di potere. Per cui, più che il 50 sfumature di grigio che spesso si cita, meglio orientarsi sul classico Basic Instinct del suddetto Paul Verhoeven. o – ancor meglio – sullo splendido, indimenticabile e un po’ troppo sottovalutato Secretary con James Spader e Maggie Gyllenhaal.

Babygirl
(ph. Niko Tavernise)

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
babygirl-la-recensione-del-thriller-erotico-con-nicole-kidmanId, Usa, 2024. Regia: Halina Reijn. Interpreti: Nicole Kidman, Harris Dickinson, Antonio Banderas, Sophie Wilde, Esther McGregor. Distribuzione: Eagle Pictures. Durata 114’