Cannes 2025, il bilancio finale in attesa della Palma d’oro

Un'analisi del concorso del 78° Festival di Cannes in attesa dell'annuncio dei vincitori

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Si conclude oggi il 78° Festival di Cannes, 22 le opere in concorso selezionate per il prestigioso palmares che immancabilmente regalerà lunga vita ai titoli vincitori fino agli ambiti Oscar. Dopo 12 giorni di proiezioni, incontri e red carpet, la giuria di Cannes 2025, presieduta da Juliette Binoche e composta da Halle Berry, Payal Kapadia, Alba Rohrwacher, Leïla Slimani, Dieudo Hamadi, Hong Sangsoo, Carlos Reygadas e Jeremy Strong, questa sera annuncerà il film vincitore della Palma d’oro con tutti gli altri premi.

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I grandi nomi di Cannes 2025

In un panorama variegato di opere e talenti, Cannes 2025 ha visto il ritorno di grandi autori come Joachim Trier con Sentimental Value, Ari Aster con Eddington, Wes Anderson con La trama fenicia (The Phoenician Scheme), l’italiano Mario Martone con Fuori, l’iraniano Jafar Panahi con Un Simple Accident, le apprezzate registe Julia Ducournau con Alpha e Carla Simón con Romería e gli immancabili i fratelli Dardenne con Jeunes Mères.

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Non sono mancate nemmeno le grandi star a calcare il tappeto rosso della Croisette, a partire dal – come sempre nutritissimo – cast di Anderson composto tra gli altri da Benicio Del Toro, Benedict Cumberbatch e Scarlett Johansson (quest’ultima presente anche per il suo esordio alla regia presentato nella sezione Un Certain Regard, Eleanor the Great), poi Joaquin Phoenix, Emma Stone, Pedro Pascal e Austin Butler per il perturbante Eddington, Josh O’Connor presente per due film, The History of Sound e The Mastermind, ancora Jennifer Lawrence e Robert Pattinson in coppia per il destabilizzante Die, My Love, senza dimenticare il trio delle italiane protagoniste del film di Martone Valeria Golino, Matilda De Angelis ed Elodie.

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I film in concorso

Ognuno dei titoli in concorso a Cannes 2025 ha saputo sviluppare una propria cifra distintiva. Ci sono stati film estetizzanti come La trama fenicia di Anderson, surreali come Eddington di Ari Aster, Alpha di Julia Ducournau e in parte The Secret Agent di Kleber Mendonça Filho, allegorici come Sirât di Olivier Laxe, più politici come Two Prosecutors di Sergei Loznitsa e Un Simple Accident di Jafar Panahi o socilogici come Jeunes Mères di Jean-Pierre e Luc Dardenne.

L’affettività e la famiglia sono anche stati tra i temi più toccati dai cineasti in concorso in questa edizione del Festival di Cannes, tra questi spiccano Sentimental Value di Joachim Trier, quasi un’epopea, Die My Love di Lynne Ramsay, Renoir di Hayakawa Chie e Romería di Carla Simón e anche a suo modo, tragico e destabilizzante, Alpha di Julia Ducournau.

Fuori dal coro di categorie e temi è certamente spiccato il lavoro di Richard Linklater che con Nouvelle Vague ha presentato il racconto della realizzazione dell’esordio alla regia di Jean-Luc Godard, il capolavoro Fino all’ultimo respiro (À bout de souffle, 1960); un film che celebra il cinema come arte libera e al tempo stesso riflette sulle sue dinamiche creative.

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Molto apprezzato dalla critica – e a ragione – il film di Joachim Trier, Sentimental Value, interpretato da Renate Reinsve (già protagonista del precedente film del regista norvegese candidato agli Oscar La persona peggiore del mondo), Stellan Skarsgård ed Elle Fanning. Racconto familiare toccante realizzato con un raffinato linguaggio estetico e metaforico.

A guardare ai diversi Paesi in gara invece si può dire che le vere sorprese le abbiano riservate i due titoli iraniani in concorso a Cannes 2025: Un Simple Accident, felice ritorno di Jafar Panahi e Woman And Child di Saeed Roustaee. Se del primo colpisce la sapiente regia capace di trasformare un tema politico in una commedia godibile che non leva nulla alla tragicità del contesto in cui è ambientata la storia, del secondo è soprattutto l’interpretazione radicale della protagonista Parinaz Izadyar (già apprezzata nel 2022 in Leila e i suoi fratelli di Sa’id Rustayi) a offrire le sfumature più intense.

Qualche sorpresa potrebbe riservarla anche Sirât di Olivier Laxe, regista già passato a Cannes in Un Certain Regard, e ora quasi scoperto per il suo film del tutto fuori dagli schemi, un racconto che non lesina alti livelli d’ansia, ma che nella sua interezza pone questioni umane e politiche di grande rilievo e attualità.

Toccante e discreto nella rappresentazione dell’amore omosessuale ed efficace nell’estetica delle immagini e del suono è The History of Sound di Oliver Hermanus (già regista di Living, 2022) con Paul Mescal e Josh O’Connor protagonisti.

Pulito nella regia ed elegante nel linguaggio è anche Two Perosecutors, il film dell’ucraino Segei Loznitsa, uno spaccato, equilibrato ed affascinante, delle persecuzioni perpetrate durante la dittatura stalinista.

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