“Cuori puri”: l’amore di borgata che ha conquistato la Quinzaine di Cannes

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Italia, 2017 Regia Roberto De Paolis Interpreti Selene Caramazza, Simone Liberati, Barbora Bobulova, Stefano Fresi, Edoardo Pesce, Antonella Attili, Federico Pacifici Distribuzione Cinema Durata 1h e 55’

Al cinema dal 24 maggio 2017

IL FATTO – “Lasciami andare per favore”, ansima la ladra occasionale Agnese. “Lo devo fare per forza” risponde Stefano, addetto alla sicurezza di un centro commerciale che l’ha acchiappata dopo un accanito inseguimento. Poi ha un ripensamento e la lascia andare; questo gli costerà il “degradamento” alla custodia di un parcheggio disastrato proprio accanto a un insediamento Rom. Vivono nella stessa suburbia romana i due che più diversi per estrazione non potrebbero essere. Lei è un oratoriana, religiosa con madre apprensiva e molto dedita all’assistenza degli emigrati. Lui un coatto con una sua dirittura morale, con genitori sotto sfratto e praticamente a carico e amici poco raccomandabili. Si ritroveranno per caso (il campo rom) e nascerà, nell’ambiente più degradato, la più imprevedibile, contemporaneamente cruda e tenera, delle storie d’amore.

L’OPINIONE – Non lasciatevi depistare dalla sintesi della trama, quasi adatta a un romanzetto rosa tardo neorealista o a una canzone di Dalla o Baglioni, perché il lungometraggio del debuttante Roberto De Paolis (due corti presentati a Venezia tra 2009 e 2010 alle spalle, Bassa marea e Alice) ha una precisione di ambientazione e di scrittura tutt’altro che consolatoria o ammiccante (a parte forse il finale), più simile al realismo partecipato e non indulgente dei Dardenne o di Claudio Caligari che non a ruffianate populiste di altro tipo. Di fronte al tema che circonda e incombe, ovvero la guerra tra poveri, pronti a sbranarsi tra loro per mancanza di prospettive, Cuori puri non ha bandiere preconfezionate altrove e in luoghi più riposanti da sventolare, ma segue la complessità delle cose nel suo svilupparsi ed esplodere, contraddizioni comprese, nel quartiere come nel campo rom, nella comunità cattolica gestita da don Luca (un simpatico Stefano Fresi, colorito il giusto) come nel nucleo più piccolo borghese di Agnese e mamma Marta (una Barbara Bobulova sempre concentrata), tra simili e distinti, cercando di comprendere più che di condannare.

Stupisce la maturità di un’operazione non facile, nella sua scrittura come nel suo attuarsi, con riprese addosso ai personaggi, ai loro corpi giovani, che quasi ne esaltano l’energia e la positività, innocenti a dispetto di e nonostante tutto, “naturali” sino allo scabroso (la prima volta e le sue conseguenze). Tra i sorprendenti meriti di questa opera prima (che degnamente rappresenta l’Italia a La Quinzaine des Réalisateurs di Cannes), mettiamoci infine anche la sorvegliata direzione di attori esaltati nel loro meglio. Alla prima prova da protagonisti infatti, Selena Caramazza (palermitana con teatro e fiction alle spalle) e Simone Liberati (di Ciampino, diploma di recitazione, notato in Suburra e in Il Permesso), impressionano per passione e aderenza a due ruoli non così “semplici” come loro invece li hanno fatti sembrare. Complimenti davvero.

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