Cosa Sarà, Francesco Bruni: “La nuova frontiera del maschio contemporaneo? Mostrarsi debole”

Il film con protagonista Kim Rossi Stuart è attualmente in sala

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Cosa sarà di Francesco Bruni è stato il film di chiusura della quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, già uscito nelle sale italiane a partire dal 24 ottobre.
Il cineasta romano, pluripremiato sceneggiatore di film quali OvosodoLa prima cosa bella Il capitale umano, torna alla regia dopo i successi di Scialla! (Stai sereno)Noi 4 e Tutto quello che vuoi portando in scena una storia che vede protagonista Kim Rossi Stuart nei panni di Bruno Salvati, un uomo che mette in discussione la sua vita e le sue relazioni dopo aver scoperto di essere affetto da una patologia e di aver bisogno di un donatore.

Ecco gli argomenti trattati durante la conferenza stampa di presentazione alla quale hanno presieduto il regista Francesco Bruni e il cast, composto da Kim Rossi Stuart, Raffaella Lebboroni, Lorenza Indovina, Barbara Ronchi, Fotinì Peluso e Tancredi Galli.

Riguardo la collaborazione alla sceneggiatura tra Francesco Bruni e Kim Rossi Stuart, quest’ultimo ha spiegato:

«Collaborazione forse è una parola troppo grande. Ho fatto quello che mi viene naturale fare, ho cercato un dialogo con il regista a 360 gradi. Francesco è particolarmente aperto, ci ha tenuto a mettere il mio nome nei titoli di coda, ma non c’era bisogno.»

Ribatte Bruni: «Con Kim abbiamo stabilito un rapporto a distanza, parlavamo molto, c’era feeling. Lui minimizza il suo contributo. Prima delle riprese mi disse che voleva parlare della sceneggiatura e confrontarmi con lui mi ha fatto riflettere molto. In un giorno e mezzo sono state cambiate parecchie cose e il copione è stato rivoluzionato. Kim mi ha anche chiesto di togliere delle cose a lui e darle agli altri». 

Sull’approccio al suo personaggio, Rossi Stuart ha spiegato:

«Per sentirmi più sicuro e padrone della materia io devo entrare nelle pieghe della scrittura. Qui è stato tutto fluido e facile, una volta innescata la possibilità di dialogare con libertà. Per quanto il personaggio affronti cose complicate e si trovi di fronte ad abissi profondi, io mi sono trovato a lavorare con grandissima semplicità».

Raffaella Lebboroni interpreta, come spesso già accaduto nella sua filmografia passata, un ruolo ‘salvifico’. Ecco come l’attrice ha vissuto l’esperienza:

«È stata una catarsi. Anche in “Scialla” mi era successo, seppur in maniera minore. Qua c’è un livello di profondità diverso, è stato davvero terapeutico. Chi ha vissuto una malattia sa che ci sono tracce che rimangono, ma tutto si può metabolizzare. Il mio personaggio salva. È sempre stato il mio sogno da bambina fare il medico. Quando stai male, già solo trovare una persona che ti ascolta è la luce. Perché la malattia è un tunnel molto buio, ma che può essere anche conoscenza. È un ruolo meraviglioso il mio».

Barbara Ronchi: «Francesco [Bruni] è sempre attento al lavoro sui personaggi femminili. Fiorella è la meno consapevole della forza che tira fuori. Quando ti dicono che sei l’unica persona che può salvare una vita, in realtà stai ricevendo un regalo anche tu.
Comunque il clima che c’è stato sul set è stato meraviglioso: è inusuale che un regista e sceneggiatore sia così aperto a farti cambiare delle cose. Vorrei fare altri mille film con Francesco!»

Tra i temi centrali del film c’è quello di mostrare il lato più umano e debole di un uomo.

Francesco Bruni: «In un’epoca in cui le donne rivendicano la loro forza, gli uomini rivendicano la loro debolezza. Stiamo imparando ad accettare la parte debole di noi. Io non credo affatto che la forza di un uomo abbia a che fare con la sua virilità o la sua potenza sessuale. La virtù di un uomo è molto simile a quella di una donna, sta nell’ascolto e nell’altruismo piuttosto che nel gonfiare i muscoli. In tutta la mia filmografia ci sono personaggi che proseguono su questa strada. La nuova frontiera del maschio contemporaneo: mostrarsi debole».

Kim Rossi Stuart: «Io sono fan di tutte le persone che hanno una sensibilità a fior di pelle e che si espongono. È un lavoro che mi ha sempre interessato, rinunciare alle sovrastrutture. Tutti abbiamo a disposizione quel tipo di sensibilità». 

In conclusione, il regista ha commentato la scelta di far uscire il film al cinema in un periodo di estrema crisi come questo:

«Volevamo portare questo film nelle sale, abbiamo fatto una promessa e l’abbiamo mantenuta. Forse ci rimarrà poco, ma per noi è importante e significativo uscire in questo momento, è un grande motivo di orgoglio. Il COVID è arrivato in un periodo di massima fioritura del cinema italiano, ma sono convinto che non appena questa pandemia finirà, il cinema italiano tornerà a fare bene».