Euro Balkan FIlm Festival – Tutti i vincitori della VII edizione

Tra i vincitori, Do Not Expect Too Much from the End of the World di Radu Jude (Miglior film), Sleman Nacar (Miglior regista per Hesitation Wound), Eli Skorcheva (Miglior attrice per Blaga's Lessons), Jovan Ginic (Miglior attore per Lost Country) e Luàna Bajrami (Menzione speciale per Phantom Youth).

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Radu Jude ha fatto centro, di nuovo: dopo l’Orso d’argento per Aferim! (2015), il Premio speciale della giuria a Locarno con Inimi cicatrizate (2016) e l’Orso d’oro di Sesso sfortunato o follie porno (2021), il regista rumeno vince al VII Euro Balkan Film Festival di Roma (diretto da Mario Bova e organizzato dall’Associazione Occhio Blu – Anna Cenerini Bova) il riconoscimento al miglior film, grazie alla satira sperimentale del capitalismo contemporaneo nella Bucarest di Do Not Expect Too Much from the End of the World, con cui si conferma uno dei cineasti più significativi della scena europea (e mondiale) odierna.

La giuria presieduta da Dina Iordanova e composta con lei da Steve Della Casa, Esmeralda Calabria, Kujtim Çashku e Aida Begić lo ha premiato «Per il suo approccio audace alle questioni odierne che influenzano le vite degli abitanti della regione, per l’intelligente integrazione del materiale filmico di epoca comunista e per l’eccezionale carattere della protagonista».

Non per nulla, è stato un Euro Balkan segnato dalla presenza di personaggi femminili forti e memorabili, come l’avvocata Canan (Tülin Özen) protagonista del dramma giudiziario e psicologico turco Hesitation Wound, che è valso a Selman Nacar il premio come Miglior regista «per l’originalità del suo sguardo autoriale, attento alle difficili scelte che le persone comuni affrontano, dovendo fare i conti con la sottile corruzione di una città di provincia che potrebbe essere una qualunque dei Balcani».

Indimenticabile anche la via crucis (e discesa agli inferi) della professoressa in pensione nella Bulgaria di Blaga’s Lessons di Stephan Komandarev, con cui Eli Skorcheva ha vinto fra le attrici, mostrando «in modo convincente, come i valori morali possano sgretolarsi sotto la pressione di una società nel caos».

Il miglior attore è invece Jovan Ginic per il dramma politico (ed edipico) Lost Country di Vladimir Perisić, nella corrotta e autoritaria Serbia di Slobodan Milošević. Per i giurati il protagonista si è dimostrato «un giovane e promettente attore che ha affrontato, nella sua performance, la disillusione giovanile e l’implacabile pressione dei coetanei con sottigliezza e abilità».

Ma è stato anche un festival di talentuose autrici, come la kosovara Luàna Bajrami, intervenuta all’ultima giornata dell’Euro Balkan per il Focus Il Mondo delle Donne e la presentazione del suo lungometraggio Phantom Youth, Menzione speciale «per la maturità con cui ha raffigurato le difficili scelte cui le giovani generazioni devono far fronte».

Luàna Bajrami vince la menzione speciale della giuria per il suo film Phantom Youth

Valutati invece dalla Giuria Giovani Critici Cinematografici (composta da Ailen Pasos, Giulia Borges, Mirko Fragalà, Ginevra De Michele e Ilaria Ragni) i corti del Focus su “La Società dei Giovani”, dove sono stati premiati The Man Who Could Not Remain Silent di Nebojša Slijepčević (spiega la motivazione: «attraverso una drammatica storia vera, il regista è riuscito a riportare alla luce in modo brillante un conflitto silenzioso e terribile avvenuto nei Balcani, come il massacro di Štrpci. Ogni elemento del cortometraggio è intriso della tensione necessaria affinché lo spettatore si senta profondamente coinvolto in questa tragedia») e la regia di Selin Öksüzoğlu (Bye Bye Turtle) che «intreccia perfettamente l’essenza del racconto, esprimendo appieno l’incontro tra le due protagoniste e le loro solitudini, seppur diverse», con una fotografia «avvolgente: tra colori vividi e vaste colline avvolte nella nebbia, riesce a trasportare lo spettatore negli ambienti del cortometraggio, sospeso tra il regno delle emozioni tangibili e quello del metafisico».

Menzione speciale@Tiktok_Cowboy di Anastaseu Ștefan, che «intreccia due mondi che, a prima vista, sembrano non avere nulla in comune: la vita rurale e i social media. Grazie alla convincente interpretazione del protagonista, riusciamo a entrare in empatia con il suo modo di vivere, seguendo la sua storia con un tocco di ironia e leggerezza. Eppure, il racconto non è affatto superficiale: al termine della visione, siamo spinti a riflettere sul divario sociale e sulle culture che popolano il nostro mondo. Pur essendo una storia profondamente balcanica, può rappresentare una realtà universale».

Infine, sono stati assegnati i riconoscimenti della Giuria Giovani, presieduta da Serena Osma e formata con lei da Chiara Meneghini, Fabio Tufarelli, Ilaria Iannetti, Nicola Quaranta, Francesca D’Alessandro, Sara Spiro, Massimiliano Battistella, Alessandra Magnolfi, Giuseppe Caponio, Cecilia Rebecca Rizzuto, Marco Vinz Pinnavaia, Andrea Stocchi, Marco Agosto, George Luca, Engy Mileta, Tobia Cimini e Roberto Trainotti. E che la critica a certe disumane logiche del sistema economico dominante abbia colpito a fondo in quest’edizione del festival lo dimostra in questo caso la vittoria, tra i film, di Blaga’s Lessons, definito «un film completo, che racconta la spietatezza del mercato attraverso lo sguardo di una donna ancorata ai fantasmi del passato con un andamento narrativo sorprendente».

Gli altri premiati della Giuria Giovani sono stati Vladimir Perisić, Menzione speciale alla regia «impeccabile» di Lost Country, attraverso cui «guida lo spettatore attraverso un viaggio emozionante e viscerale, dove ogni scena è sapientemente costruita per rivelare la profondità emotiva e tematica della storia», e Dimitra Vlagopoulou, Menzione speciale alla miglior attrice per Animal di Sofia Exarchou (la sua «interpretazione magnetica», si afferma nella motivazione, «coniuga drammaticità, teatralità e performance corporea»).

A Samuel Vargu, infine,  la Menzione della Direzione Artistica per il corto Four Season, riconoscimento alla «intensa e convincente performance» dell’attore nel «tratteggiare un profondo dramma sociale contemporaneo».

Cala dunque il sipario su una manifestazione che, tra i molti spunti su cui riflettere, ha approfondito anche quello, tragicamente attuale, della guerra, e della necessità di contrastare derive militariste e nazionaliste per giungere a una vera pace mondiale. Temi emersi e dibattuti (anche) nell’incontro iniziale (il 6 novembre) con Mario Martone, che assieme ad Anna Bonaiuto e al pubblico ha ripercorso il suo Teatro di guerra (1998), confrontandosi con la terribile pagina dell’assedio di Sarajevo (ed omaggiando la resistenza, anche e soprattutto culturale, dei suoi abitanti).

Un cerchio che si è chiuso durante la giornata finale, il 12 novembre alla Casa del Cinema, riproponendo a distanza di 10 anni I ponti di Sarajevo (2014), opera collettiva dove 13 registi europei raccontano a modo loro la capitale bosniaca e i fatti (e traumi) storici che l’hanno vista al centro, ma anche il sogno di una rinascita nella coesistenza pacifica tra le identità.