HomeFestivalFesta del Cinema di Roma 2024Festa di Roma 2024, Fabio e Damiano D’Innocenzo alla sfida del Jukebox

Festa di Roma 2024, Fabio e Damiano D’Innocenzo alla sfida del Jukebox

I due fratelli registi incontrano il pubblico e parlano di sé

Ormai regolarmente presentati come “i gemelli più talentosi del cinema italiano”, Fabio e Damiano D’Innocenzo parlano sempre di sé con molta più sincerità e disincanto. Ed è un piacere incontrarli ed ascoltarli, soprattutto quando parlano di cinema, la loro vera grande passione e il motivo per cui fanno il lavoro che fanno. Del cinema che amano più che del loro, o di quello che sono entusiasti di scoprire, soprattutto quando a consigliarlo è l’amico Alberto Pezzotta, critico cinematografico e traduttore del libro “Cinema Speculation” di Quentin Tarantino, chiamato ad accompagnare i due fratelli nell’incontro organizzato dalla Festa del Cinema di Roma 2024 e capace di sorprenderli con il gioco del ‘Invisible Jukebox‘.

LEGGI ANCHE: Dostoevskij, nel trailer nuovi dettagli sulla serie dei D’Innocenzo

Non un test di cultura cinefila, ma uno stimolo “a reagire” come spiega il giornalista, in particolare alle clip selezionate ed estrapolate da cinque titoli – più o meno noti – che potrebbero o dovrebbero “avere un collegamento con il loro cinema”. Che comunque – da La terra dell’abbastanza a Favolacce, da America Latina alla miniserie Dostoevskij, in arrivo su Sky dal 27 novembre – resta protagonista di questa sorta di “appuntamento al buio” con il grande schermo.

CLIP n. 1 – Too Many Ways to Be No. 1 di Ka-Fai Wai (1997)

Una volta abbiamo provato a girare la camera in America Latina, ma dopo 5 secondi  l’operatore stava morendo – dice Fabio, commentando l’incredibile piano sequenza rovesciato della rissa in sauna, – e pensavamo di aver fatto qualcosa che non aveva fatto nessuno e invece… Che grandissimo modo di ritrarre il caos. Anche perché le scene di violenza sono sempre molto coreografate al cinema, mentre invece nella vita sono dei disastri. Vedrò sicuramente questo film, non lo conoscevo, è bellissimo“.
Quando vedo queste scene, mi sento un bluff. Ho già voglia di rifarla – aggiunge Damiano. – In generale faccio un po’ fatica con i film degli altri, ma il problema di aver visto tanti film è che ti sembra di aver visto già tutto. Quando trovo una grande scena ogni dieci film sono felicissimo, e in questa c’è una grande regia“.

I due poi commentano la clip di America Latina, un film con il quale dimostrano un rapporto conflittuale: “Sono severo pensando a come ci ho lavorato – spiega Damiano. – Venivamo da Favolacce, e ho vissuto il film sentendomi bravo, mi sono specchiato troppo e invece le scene vanno fatte. Con Dostoevskij non si corrono rischi, ho vissuto cinque mesi con la consapevolezza di essere veramente scarso“. Una serie accompagnata anche dall’uscita del libro Dostoevskij. Indizi nel quale sono stati raccolti gli storyboard realizzati dai fratelli durante la realizzazione. “Li facciamo ogni giorno, prima delle riprese – dice ancora Damiano – È un modo per riappropriarsi della storia in maniera giocosa, che rimanda a quando disegnavamo da bambini“.

LEGGI ANCHE: La risposta dei Fratelli D’Innocenzo ai commenti di Gabriele Muccino su ‘Favolacce’

CLIP n. 2 – Jackie Brown di Quentin Tarantino (1997)

Tarantino ha avuto una influenza colossale su di noi – commenta Fabio. – Era uno dei pochi registi nel quale riconoscevi la golosità di fare cinema, la fame e il piacere. È uno che ama quello che fa, a si sente. Credo che per primo vedemmo Le iene, in streaming pirata, poi Pulp Fiction e solo poi Jackie Brown, un po’ un suo America Latina, un film respinto dalla critica, più meditabondo e paziente. L’ho amato“. “Rispondere per secondo, mi frega sempre – scherza Damiano, che aggiunge: – Se penso a Tarantino penso a Bukowski, per il divertimento e la sana ironia. Anche se direi che allora non sapevamo bene cosa fosse il cinema, e forse ancora non lo sappiamo“.

LEGGI ANCHE: Fratelli D’Innocenzo, “I film ci hanno salvato la vita, la nostra prossima opera sarà una storia d’amore”

CLIP n. 3 – Blood Simple dei fratelli Coen (1984)

Non amo particolarmente i Coen, a volte mi pare tendano a sottolineare troppo le cose, a rendere tutto simile a un gioco, e anche l’uso della musica mi porta fuori dalla scena. Lo considero un autosabotaggio… – Confessa Damiano, dopo aver visto la scena (di recente replicata con grande precisione nel Locked In su Netflix) in cui M. Emmet Walsh entra in bagno per uccidere Frances McDormand, ma questa riesce a bloccare la sua mano, trapassandola con il coltello. – Però mi ricorda una scena di Dostoevskij in cui c’è un vitello che entra in casa”. “Questo smitizzare la violenza ci appartiene molto, il rappresentarla nella maniera più misera possibile. Anche in La terra dell’abbondanza abbiamo mostrato le persone che la compiono come molto piccole, da lontano, come in un presepe, e già i presepi sono la cosa più triste del Natale – interviene Fabio. – Sui Coen concordo con mio fratello, ma invece amo Non è un paese per vecchi. Questa scena è stupenda. La sua essenzialità mi lascia a bocca aperta. Devo dire che sono bravi a rendere tutto molto umano, a creare situazioni nelle quali al posto dei personaggi potrei esserci io“.

LEGGI ANCHE: Dostoevskij e il comodino d’infanzia dei D’Innocenzo (video intervista)

CLIP n. 4 – Il vergine di Jerzy Skolimowski (1967)

Stiamo vedendo solo capolavori, e che non avevamo mai visto prima… Così sembra che io abbia visto solo Unica di Ilary Blasi! – scherza Fabio. – A parte gli scherzi, in questo caso mi è venuta in mente la scena di Favolacce in cui Dennis deve fare l’amore ma poi cambia idea“. “Una delle cose più difficili al cinema è rappresentare l’amore, perché rischi di non dire niente o di elargire tutto, due modalità che non hanno niente a che fare con le relazioni sentimentali – Damiano. – Quando sento incensare Love di Gaspar Noè mi incazzo, per me è una delle cose più banali e sciatte mai viste“.

LEGGI ANCHE: Linea d’Ombra 2023, i fratelli D’Innocenzo sognano Checco Zalone

CLIP n. 5 – L’odore della notte di Claudio Caligari (1998)

Chiudiamo con un film dolcissimo, come sono quelli di Caligari, spesso apostrofati come maledetti e invece dolci e ironici. Di una ironia in contatto con le persone – approccia ancora Fabio. – Un film con il quale abbiamo un rapporto personale, a causa di nostro cugino Mimmo, che aveva un profondo deficit dell’attenzione e poi è finito in carcere ed è morto; questo era un film che vedevamo spessissimo con lui, e lui chiedeva sempre cosa fosse successo nella scena appena vista. Io avevo 10 anni, e già facevo il critico, perché dovevo riassumere e spiegarli quello che succedeva. Inevitabilmente è un film che amo visceralmente, anche per motivi non cinematografici, ma perché nel mio DNA. E poi c’è Valerio Mastandrea, un amico, con il quale vorremmo tanto lavorare e che avrebbe dovuto essere il protagonista di Dostoevskij, anche se poi non siamo andati avanti perché a tutti e tre sembrava troppo facile“. “Qui poi c’è la voce narrante di Valerio, un po’ come quella di Max Tortora in Favolacce, così impostata e rigida, diversa da quella con più inflessioni dialettale che usa parlando. – conclude il fratello. – Ci piacciono le voci narranti, forse perché siamo amanti e grandi frequentatori dei libri. C’è anche in quello che è il mio film preferito in assoluto, I ragazzi della 56ª strada di Coppola“.

- Advertisment -

Most Popular

Recent Comments

Add to Collection

No Collections

Here you'll find all collections you've created before.