Giulia, il film di Ciro De Caro riempie l’arena dell’Isola del Cinema

Interpretata dalla co-sceneggiatrice Rosa Palasciano la protagonista respinge e affascina il pubblico

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Giulia di Ciro De Caro

Giulia è sola, sottosopra, non sa stare al mondo. Osserva ogni cosa, un poco sorride eppure canta come se la gioia le mancasse. Agli occhi degli altri è depressa, squilibrata. Impazzisce e tace. Erratica, ferita, è un personaggio con cui difficilmente si riesce a entrare in empatia.

Il rischio dietro l’angolo, nel terzo lungometraggio di Ciro De Caro, è quello di disinteressarsi alle vicende di questa donna persa negli abissi della propria mente. È difficile seguirla, poiché l’interpretazione della magnetica Rosa Palasciano non si lascia afferrare, non lascia spazio a connessioni emotive. Tuttavia c’è qualcosa, in Giulia, che t’induce a tenere gli occhi ben fermi sullo schermo, ed è proprio questo che ha fatto il pubblico ieri all’Isola del Cinema.

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Produzione desueta nel panorama cinematografico italiano, l’opera di De Caro si fregia di una cifra stilistica ben precisa: quella della verità. All’uso della camera a mano, dunque, si abbina l’assenza quasi totale di una colonna sonora e del reparto trucco, nonché il continuo riferimento alla pandemia – contemporanea al tempo delle riprese – che rende ogni personaggio ancora più isolato e fuori dalle righe del solito. Come sostiene il critico cinematografico amico di Sergio (Valerio di Benedetto), nel suo esilarante monologo sulla nobiltà della settima arte: “Il cinema apre, il cinema esce, il cinema sconfina”, e in questo caso lo fa invadendo una realtà quasi contemporanea, sottolineandone l’alienazione.

De Caro e Rosa Palasciano si sono chiaramente ispirati alla Nouvelle Vague francese. “Abbiamo rivisto soprattutto Rohmer, Truffaut Agnes Varda – ha dichiarato la protagonista e co-sceneggiatrice in seguito alla proiezione di ieri. – Sono stati il nutrimento della nostra mente e della nostra immaginazione. Dopodiché abbiamo osservato quasi come stalker le persone che avevamo intorno, alcuni film europei contemporanei… volevamo creare una connessione tra quello che ci circonda oggi e un certo modo di fare cinema nel passato”.

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Non manca, inoltre, una qual sorta di fascinazione shakespeariana: esplicita nel monologo del sopracitato critico – là dove si fa riferimento agli “happy few” di Enrico V – e più sottile nel legame che Giulia instaura con l’acqua. All’inizio del film, durante un colloquio, le viene chiesto cos’è che sogna alla sera; lei risponde: “Il mare”. Ed è al mare che tornerà di continuo… talvolta soltanto per rubare e raccogliere giocattoli abbandonati sulla spiaggia; talvolta, invece, per ritrovare se stessa tra le onde. A tratti straniante, sicuramente atipico, Giulia sa essere un film prezioso se si riesce a farsi trascinare da esso, a vedere l’iceberg oltre la punta ch’è la sua superficie apparente.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
giulia-il-film-di-ciro-de-caro-riempie-larena-dellisola-del-cinemaGiulia è sola, sottosopra, non sa stare al mondo. Osserva ogni cosa, un poco sorride eppure canta come se la gioia le mancasse. Agli occhi degli altri è depressa, squilibrata. Impazzisce e tace. Erratica, ferita, è un personaggio con cui difficilmente si riesce a...