Essere Leonardo Da Vinci – Un’Intervista impossibile, Massimiliano Finazzer Flory esplora il mondo del grande artista

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Essere Leonardo Da Vinci

«Crede in Dio?», «Sa chi è Freud», «Come vuole esser definito: artista, pittore, architetto, scienziato, ingegnere?». Chi non vorrebbe intervistare Leonardo, mito senza tempo che continua a stupire, a provocare. Indagare la sua persona, fare luce sui tanti misteri che ancora oggi avvolgono il personaggio. C’é chi l’ha fatto. Realizzando un film, unico nel suo genere, Essere Leonardo da Vinci – Un’intervista impossibile di Massimiliano Finazzer Flory, presentato da Movie&Theatre in collaborazione con Rai Cinema e con il patrocinio del Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 500 anni della morte di Leonardo. L’impresa impossibile riesce a due giornalisti, uno di New York e uno di Milano, ignari l’uno dell’altro, che si muovono – fra i tanti set e le opere d’arte, tutti autentici – dalla casa natale a Vinci fino allo Château Royal di Amboise e alla dimora dove è scomparso a Clos-Lucé, per trovarsi faccia a faccia con il genio, «inventore e interprete de natura e de omini».

Il suo film è stato definito “un’originale biografia di uno dei più grandi geni universali”. Cosa ci può anticipare?
Biografia significa dare bios, vita. Significa dare ciò che sta dietro la maschera. L’artista, lo scienziato, il pittore, l’ingegnere sono maschere che Leonardo assume, consapevole di essere e non essere Leonardo. Anticipa Shakespeare. Il teatro di Leonardo è il teatro del mondo, nel quale mette in scacco il potere. La sua genialità è fin dall’inizio assumere le maschere o, se vogliamo, parlando di cinema, le lenti interscambiabili per proiettare il suo genio per sempre.

Il film nasce da una pièce teatrale, che a sua volta arriva dai testi originali ed è ispirato dalle parole autentiche di da Vinci. Vi è una splendida commistione di generi.
Cerco di essere sempre fedele al personaggio. Se Leonardo è l’uomo dei saperi, nel film i generi dovevano confondersi, mescolarsi. Non avrei mai fatto un film solo narrativo. Alla domanda: «Che film è?», rispondo che è spy-story, documentario, film di finzione: è tutti e tre i generi, perché Leonardo avrebbe disprezzato un genere solo, un sapere solo. Cercava l’unità della conoscenza, una visione totale. Ecco il perché delle contaminazioni teatrali esplicite. Il cinema era il luogo dove Leonardo attendeva di essere. Il cinema, e il cinema d’essai, è sempre leonardiano. C’è dialogo fra le arti, la Settima Arte sintetizza le altre sei.

Massimiliano Finazzer Flory
Massimiliano Finazzer Flory riceve la “Targa Venezia – Leonardo 500: Il Cinema prima del Cinema”. La Targa gli viene conferita in ragione della qualità, dell’eccellenza e della costante tensione verso l’innovazione dimostrata con il suo film ESSERE LEONARDO DA VINCI.

Gli spettatori si imbattono in alcuni misteri e in diversi personaggi. Ci aiuta a comprenderne qualcuno?
Verso la fine, come in un tunnel costruito da Einstein, Leonardo torna indietro nella sua storia e incontra coloro che gli hanno posto domande. Vede il duca di Milano e quindi Leonardo parla di sé come architetto, incontra un musico e quindi racconta di sé come uomo d’intrattenimento. Poi è davanti a malati e dunque emerge la sua figura di medico e anatomista, in seguito eccolo con un militare e un cavallo, quindi il suo lato di ingegnere militare. Infine è al cospetto di due figure, una clessidra con lo scheletro – e siamo di nuovo al to be or not to be – e il popolo. I geni sono sempre amati dal popolo perché li capisce, anche senza avere nessuna competenza.

SSERE LEONARDO DA VINCI - UN’INTERVISTA IMPOSSIBILE

Oltre a essere sceneggiatore e regista, è anche l’attore protagonista. Come e in quanto tempo si è avvicinato a lui? Perché ha scelto di parlare la lingua rinascimentale?
Ho iniziato a studiare Leonardo e a decidere di convivere con lui nel secondo semestre del 2011. Nel 2012 già lo recitavo a Londra, anche se allora non immaginavo ciò che poi sarebbe successo teatralmente e cinematograficamente. Quando ho iniziato a leggere Leonardo, mi sono innamorato della lingua. Credo che un’opera culturale debba offrire una specificità. Bisogna fare qualcosa che altri non hanno fatto. A lui sono state dedicate mostre e libri, ma nessuno aveva mai recitato in lingua rinascimentale. Avevamo visto Leonardo, le sue opere, ma non lo avevamo mai sentito.

Il finale è aperto, in perfetta sintonia col genio.
Cosa è la Gioconda se non un finale aperto? L’Ultima Cena è un finale aperto. Leonardo, sul piano semiotico, fa sì che i suoi testi siano sempre aperti, da un lato a una democratica interpretazio- ne, dall’altro perché la verità dell’opera d’arte dovrebbe sempre dirci che non siamo riusciti a capirla. Nel finale il protagonista svanisce nell’ombra. Leonardo è un’ombra: vive l’equilibrio fra la luce e il buio. Non è luce come Michelangelo, non è tenebre come Caravaggio: lui è ombra.

M.O.