Il festival fa il tutto esaurito. Ma dopo che succede?

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Penelope Cruz

Code senza fine, sale prese d’assalto, un pubblico sempre più numeroso e anche difficile da individuare. Non solo addetti ai lavori ma studenti e appassionati di tutte le età, professionisti che vengono a Venezia e fanno il pieno di cinema, ma soprattutto ragazzi. I famosi giovani che durante il resto dell’anno latitano dalle sale soprattutto d’essai. Vista dal Lido la crisi sembra un brutto sogno. E il merito è tutto della Mostra, nel suo insieme. Al giro di boa del primo weekend ogni possibile dubbio è svanito.

Venezia 76 registra un gradimento eccezionale, forse il più alto del decennio. Non servono i dati per dirlo, basta guardarsi intorno. Fino a pochi anni fa c’era il problema dei fischi che a volte assassinavano il film già all’anteprima stampa. Oggi tutto si svolge in un clima di consenso perfino eccessivo, perché un festival vive anche di polemiche, contestazioni, passioni. Invece per ora niente, tutto liscio come l’olio. Per litigare bisognerà aspettare la sera dei premi. Ma al momento il festival ha mantenuto tutte le sue promesse, basta guardare le stellette della stampa anche straniera. E nessuno ha scritto la fatidica frase: «Perché questo film sta in concorso?». Perfino la coda velenosa del #metoo, agitata a sproposito da Lucrecia Martel, è rientrata senza provocare danni. Ep- pure un festival non fa una stagione. Il calo delle presenze in sala, soprattutto giovanili, esiste eccome. Venezia può essere il luogo in cui si comincia a elaborare una risposta, il festival che dà il via a una svolta. Ma moltissimo resta da fare. Basteranno gli spettatori accorsi al Lido, una volta tornati a casa, a scatenare il passaparola? Vedremo anche in sala i molti bellissimi film ancora senza distribuzione (un nome per tutti: il Citizen K di Gibney), o dobbiamo rassegnarci al fatto che i festival ormai hanno preso il posto del circuito di qualità? Per rispondere a queste domande i festival non possono bastare.

Per riaffezionare giovani e giovanissimi al cinema – ai suoi tempi, alla sua varietà, al suo spessore – bisogna lavorare sugli anni dalla formazione. Affrontare con decisione il problema dell’insegnamento del cinema nelle scuole partendo dalle medie inferiori se non dalle elementari. Istituire una cabina di regia che dia alle mille iniziative fiorite per merito della nuova legge cinema una coerenza e una consistenza che al momento non possono avere. Lo sostenevano fra gli altri, ieri, nell’incontro organizzato da Ciak alla Villa degli Autori, due fra gli uomini più potenti del nostro cinema, Paolo Del Brocco e Giampaolo Letta. Speriamo che a Roma, dove sono distratti dal solito “ben altro”, qualcuno li ascolti.

Fabio Ferzetti