Marriage Story, storia di un divorzio dolceamaro con Scarlett Johansson e Adam Driver

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Marriage Story

Parte con due lunghe dichiarazioni di affetto Marriage Story di Noah Baumbach. Ma sono degli appunti che Charlie (Adam Driver) e Nicole (Scarlett Johansson) hanno scritto su input dello psicologo mediatore chiamato a impedire che il loro divorzio si trasformi in un bagno di sangue. Invece, inevitabilmente…con una serie di quadretti il regista teatrale d’avanguardia Charlie e la moglie Nicole, promessa californiana di Hollywood, maritatasi e trasferitasi a New York per lavorare con lui, per amore del figlio arriveranno ad affidarsi agli avvocati negando i loro propositi, trasformando la loro separazione in una serie di colpi bassi, in un crescendo di stazioni tragicomiche, drammatiche, patetiche.

 

La via cinematografica comica al divorzio si fa sempre più battuta (vedi l’ancor più autobiografico e francese L’amor flou- Come separarsi e restare amici). Ora, sull’onda della propria esperienza personale (con Jennifer Jason Leigh), Noah Baumbach (sovente brillantissimo costruttore di nevrotiche commedie metropolitane newyorchesi: Frances Ha, Giovani si diventa, Mistress America, più una non recente candidatura all’Oscar per la sceneggiatura di Il calamaro e la balena) con mano felice nell’alternanza di frizzante e di realista (e quindi scorticante) dipinge la storia di molti, non solo in America. Disposti a dilaniarsi nel nome del figlio, ma anche decisi a non perdere quel reciproco affetto, fatto anche di intimità preziose, che ha dato per anni un senso alle rispettive esistenze. Se, grazie a due attori molto naturali, come Scarlett Johansson in capelli corti e Adam Driver lungagnone a volte molto espressivo nella sua fissità di espressione, la coppia duella con molta dignitosa sofferenza, sul fronte avvocati invece, nessuna pietà. «I penalisti colgono il meglio delle cattive persone, i divorzisti il peggio della brava gente» e Laura Dern (ancora sotto effetto Big Little Lies), l’inetto Alan Alda e il feroce Ray Liotta caratterizzano tutto quello che di artefatto, subdolo e avido c’è nella loro remunerata professione/ funzione.

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