TODO MODO

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Se non ci fosse stato Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto forse Elio Petri oggi sarebbe quasi dimenticato. Considerazione provocatoria, ma non lontana dalla realtà, visto ciò che lui stesso aveva accennato in un’intervista: «Se proprio devo trovare un posto nella mappa del cinema mi si situi tra coloro che credevano di essere utili. Spesso mi sembra addirittura di non esserci, nel cinema italiano».

La scomparsa di Francesco Rosi ha evidenziato il vuoto lasciato da una generazione di autori che hanno nobilitato il nostro cinema con i loro film a vocazione politica e sociale, un genere che, dopo la stagione d’oro tra gli inizi degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, sembra scomparso. Di questo cinema Petri è stato uno degli esponenti più importanti. Tutti i suoi lavori sono appassionate (e per questo scomode) analisi sui mali della società italiana, come Todo Modo. Uscito nel 1976, il film fu ritirato dopo poco più di un mese di programmazione (incassò oltre 383 milioni di lire, circa un milione e 742 mila euro parametrato a oggi) e, a parte qualche raro passaggio in tv (uno su RaiTre), è praticamente rimasto invisibile. Come per Cadaveri eccellenti di Rosi, uscito lo stesso anno, lo spunto è un libro di Leonardo Sciascia, che il regista rilegge liberamente, adattandolo alla sua visione del momento politico che sta vivendo l’Italia – siamo nel 1976 – avviata a realizzare sotto la regia di Aldo Moro il compromesso storico tra DC e PCI.

La vicenda si svolge durante il dilagare di una terribile epidemia. In questa situazione l’intellighenzia del partito al potere da trent’anni (la mai citata Democrazia Cristiana) si riunisce per tre giorni di esercizi spirituali nell’albergo-eremo Zafer, una struttura cupa e fredda (che un po’ ricorda quella del commissariato di Indagine) guidata da un ambiguo sacerdote: don Gaetano (Marcello Mastroianni). Personaggio di punta dell’insieme di politici e notabili lì riuniti è il Presidente (Gian Maria Volonté, modellato sulla figura di Aldo Moro), che ha portato segretamente con sé la moglie Giacinta (Mariangela Melato). C’è anche l’apparizione di un carismatico Lui (Michel Piccoli, ispirato a Giulio Andreotti). Il Presidente è un uomo tanto abile e fumoso nella dialettica quanto debole e impotente nel privato e politicamente. Quando i partecipanti agli esercizi iniziano a essere uccisi, i sospetti rimbalzano dall’uno all’altro dei presenti, tutti compromessi nell’esercizio degradato del loro potere. Nonostante i toni metaforici («I fatti avvenuti negli ultimi dieci anni nel nostro Paese hanno mai avuto una spiegazione plausibile secondo lei?», dice a un certo punto il Presidente) è chiaro il pessimismo di Petri nei confronti di chi guida il Paese: «Credo che tutti gli uomini di potere siano ridicoli, poiché vi è una forte e comica discrepanza tra il loro atteggiamento di superiorità e l’estrema fragilità del loro destino di uomini».

È un’Italia sull’orlo del baratro quella che il regista racconta, e per questo il film è scomodo. E diventa anche documento profetico di quello che accadrà appena due anni dopo, col rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Ricordava Petri: «Todo Modo uscì, per caso, in campagna elettorale. Se fosse uscito dopo sarebbe stato letto in un altro modo. Era l’epoca del compromesso storico, quindi in privato i comunisti ti dicevano che gli piaceva, ma in pubblico lo attaccavano». Come sempre Volonté si calò nel suo personaggio con impressionante fedeltà, fin troppa, visto che Petri fu costretto a cestinare i primi due giorni di riprese perché sembrava di avere Moro davanti: «Gian Maria sul set divenne evanescente. Parlava a bassa voce, non ti guardava nemmeno negli occhi». I riconoscimenti però andarono a Mastroianni e alla Melato, che vinsero un Globo d’oro e una Grolla d’oro, e a Ciccio Ingrassia, Nastro d’argento come attore non protagonista, mentre la colonna sonora fu firmata da Ennio Morricone dopo che Petri scartò quella scritta appositamente da Charles Mingus. Per quanto riguarda il titolo, la spiegazione viene rivelata durante il film. Gli esercizi spirituali furono creati da Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti. Secondo il Presidente, dalle parole scritte sui foglietti lasciati accanto ai cadaveri si può ricostruire una frase di Sant’Ignazio: «Todo modo para buscar la voluntad divina», un invito a realizzare il disegno divino con ogni mezzo. E la chiusa della pellicola, per chi vorrà recuperare il film, sembra seguire proprio questa linea.