Venezia 78, Roland Sejko presenta La macchina delle immagini di Alfredo C.

Il documentarista albanese racconta la storia di 27.000 italiani.

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La macchina delle immagini di Alfredo C.
La macchina delle immagini di Alfredo C.

Un doppio piacere quello di vedere di nuovo sul grande schermo – in questo caso quello della 78. Mostra Internazionale di Cinema di Venezia – un attore come Pietro De Silva, in La macchina delle immagini di Alfredo C. e il regista Roland Sejko, già vincitore del David di Donatello per il Miglior documentario con il suo toccante Anija – La nave del 2012.

In anteprima mondiale , in concorso nella sezione Orizzonti Extra, il film prodotto e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà si presenta con manifesto e trailer ufficiale, per anticipare la proiezione ufficiale prevista per venerdì 10 settembre.

Definito dalle note di presentazione “Un evento storico paradossale”, “Un gioco di specchi tra documento e finzioni”, “Un viaggio nei meccanismi della propaganda, della memoria, del potere micidiale delle immagini” il film racconta la storia del cineoperatore del fascismo che divenne cineoperatore del comunismo, e di 27.000 italiani chiusi in un limbo al termine della Seconda Guerra Mondiale.

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Questa la dichiarazione del regista, curatore artistico e autore dei filmati di numerose mostre di Istituto Luce Cinecittà. È uno dei curatori del MIAC, il Museo Italiano del Cinema e dell’Audiovisivo a Cinecittà:

La storia dei 27.000 italiani trattenuti in Albania dal regime comunista è quasi dimenticata, coperta dalla valanga di eventi che ha travolto centinaia di migliaia di italiani in altri paesi.
La chiave per raccontare è arrivata, come spesso succede, per caso. Quando tra i documenti dell’Archivio Centrale d’Albania, in una richiesta di rimpatrio ho notato un nome che conoscevo: quello dell’operatore dell’Istituto Nazionale Luce in Albania, ora, in quelle carte, dipendente del Minculpop comunista.
La sua storia, intrecciata giocoforza con le immagini e le storie di altri, dava l’occasione per elaborare alcuni temi: l’onnipresenza e le tecniche della propaganda, l’incombenza degli eventi storici sui destini personali, la responsabilità della folla e quella dei singoli. E una riflessione sulla responsabilità – di oggi, come di ieri – di chi produce immagini, e di chi le vede.

Sinossi:

Aprile 1939. L’Italia fascista occupa l’Albania. Migliaia di italiani, operai, coloni e tecnici, vengono trasferiti nel paese.
Novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini.
Nel 1945 in Albania si trovano trattenuti ancora 27.000 italiani tra reduci e civili.
Tra di loro c’è anche un operatore cinematografico.
Alfredo C., operatore della propaganda fascista, ha girato per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime.
Ora, da un giorno all’altro, deve fare lo stesso, ma per un regime comunista.
Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia.
È il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo.

La macchina delle immagini di Alfredo C.
La macchina delle immagini di Alfredo C.