DISCLAIMER, IL FATTO: una famosa documentarista riceve a casa un pacchetto anonimo con dentro un libro. Quando inizia a leggerlo si rende conto che ne è la protagonista e che gli eventi narrati riportano a galla una storia che sarebbe dovuta restare segreta per sempre. Ma qualcuno ha deciso che Catherine Ravenscroft deve soffrire. E perdere tutto quello che le è più caro.
L’OPINIONE: ci mancava Alfonso Cuarón. E non a caso è ripartito da dove si era fermato, sei anni fa. Venezia, 2018, Leone d’oro per Roma. Disclaimer non è un film, è una serie televisiva, diventerà uno dei molti pezzi da collezione di Apple TV+. Ma la visione cinematografica sarebbe duopo, non fosse altro per la ricchezza stilistica e tecnica del prodotto. La fotografia raffinatissima, condivisa da Bruno Delbonnel ed Emmanuel Lubezki, l’incredibile lavoro sul sonoro, ovviamente inusuale per una serie che dovrebbe essere fruita solo in streaming. Ma Cuarón è sinonimo di cinema, e anche se l’idea che Disclaimer possa essere guardata prevalentemente su cellulari e tablet, lui il Dolby Atmos lo ha usato lo stesso. E ha fatto bene. È stato un progetto complesso, alla fine degli sforzi ci si deve ricompensare.
Al netto di quanto già detto, del cast, della produzione, la cosa indubbiamente più interessante di questo lungo-lungometraggio è la scrittura. Tratto dal romanzo di Renee Knight La vita perfetta, Disclaimer è un racconto che si struttura su diversi piani temporali e narrativi. O meglio, in diverse forme della narrazione che si intersecano per costruire i temi e le tesi che il regista messicano vuole proporre allo spettatore.
Disclaimer è un gioco, anche pieno di trabocchetti
E che richiede attenzione, scaltrezza e soprattutto pazienza. Cuaron riflette sulla potenza della parola scritta, capace di creare realtà altre, di distruggere o ricostruire esistenze. Ma al contempo riflette anche sulla tossicità dei rapporti, e soprattutto sulla difficoltà di essere genitore, il più delle volte ignaro di chi davvero siano i propri figli. E poi la volatilità del successo, effimero in questo mondo dominato da censori improvvisati smartphone muniti.
Non poche cose, messe in scena con toni diversi e un’evoluzione costante. Cuarón parte dalla commedia nera per arrivare al dramma familiare e il thriller psicologico, attraversando molte sfumature in questi passaggi. Ma si concede anche, in maniera molto divertita, un’incursione nel soft core, riprendendo stile, colori e musiche dei classici italiani del genere degli anni Settanta. Tanta carne al fuoco, e forse qualcosa si sarebbe potuto asciugare.
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È un film seriale da lasciar decantare Disclaimer, bisogna dargli il tempo di respirare. Oltretutto Cuarón mette anche molto di sé stesso, suggestioni di memorie svelate con Roma, soprattutto, e le sue opere precedenti. Il rapporto con l’acqua come fonte di vita e di rinascita, il passato che ritorna, come nel feuilleton Paradiso perduto (che altro non era che una versione contemporanea di Grandi speranze di Dickens), la scoperta dell’erotismo come in Y tu mamá También.
L’unico elemento su cui non c’è bisogno di fare alcuna riflessione è il livello eccezionale delle interpretazioni. E se da una parte Cate Blanchett È Catherine Ravenscroft, a giganteggiare è un ritrovato Kevin Kline, attore che ci è davvero tanto, troppo mancato negli ultimi anni, e che speriamo grazie a questo ruolo torni prepotentemente nelle agende dei casting director.
Quasi allo stesso livello Lesley Manville, attrice britannica sublime che tratteggia un personaggio che si svela attraverso gesti quasi impercettibili, chiave fondamentale del racconto. Sacha Baron Coen e il giovane, ma già con una candidatura all’Oscar in curriculum, Kodi Smit-McPhee, sono entrambi molto bravi.
E anche se questo mondo moderno non concederebbe più commenti di questo tipo, è veramente difficile non restare impressionati dalla carica erotica della oltretutto bravissima attrice australiana Leila George, che interpreta Catherine da giovane. O forse è la giovane Catherine del racconto. Non è la stessa cosa. Talvolta, basta una parola per cambiare il corso delle cose.
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