È una storia di formazione artistica e umana quella narrata da Carolina Pavone nel suo lungometraggio d’esordio Quasi a casa, che apre il 29 agosto le Notti Veneziane delle Giornate degli Autori ed esce nelle sale il 5 settembre per Fandango con Circuito Cinema. Al centro, la ventenne Caterina (Maria Chiara Arrighini), il cui proposito di diventare musicista si scontra con l’insicurezza di chi deve (e non sa come) muovere i primi passi. Una condizione in cui si è trovata la stessa regista (e sceneggiatrice con Michela Straniero): «Mi è venuto facile e stimolante», spiega Pavone, intervistata da Ciak, «lavorare su un sentimento che conoscevo, per indagarlo e sviscerarlo. E il sentimento più forte in me all’epoca era quello: avevo capito cosa mi sarebbe piaciuto fare ma si trattava di muovere il primo passo. Quindi mi sono subito identificata col personaggio».
Poi, l’idea di affiancare a Caterina una figura «che è un po’ il suo opposto», ovvero Mia (Lou Doillon), una cantante di successo, idolo della ragazza. L’incontro chiave tra le due avviene d’estate: «Nel nostro immaginario è il momento un po’ più magico dell’anno, poi però quando finisce si torna alla realtà». Ma per Caterina «la partita comincia a cambiare quando si rende conto che la sua paura e vulnerabilità sono anche di Mia».
Tra i “miti” artistici della regista (classe 1994) ci sono invece Paul Thomas Anderson e Mia Hansen-Løve: «Credo di aver capito, a posteriori, che ho chiamato così la Mia del mio film per lei. Tra l’altro, sono stata talmente fortunata da incontrarla, a luglio, quando è venuta a Roma per presentare il suo ultimo film». Un’occasione per parlare di un titolo della cineasta francese molto caro a Pavone, Eden (2014), riferimento anche per Quasi a casa: «L’ho visto e rivisto, l’ho fatto vedere anche alla protagonista, perché racconta il mondo della musica, anche se in un contesto molto diverso, ma in una maniera a cui mi sarebbe piaciuto avvicinarmi».
Un altro nome importante per la filmmaker è stato Nanni Moretti, con cui ha collaborato da assistente alla regia (per Mia madre, Tre piani e Il sol del’avvenire) e che produce Quasi a casa con Sacher assieme Marta Donzelli e Gregorio Paonessa per Vivo Film e a Rai Cinema. «Ho capito che mi sarebbe piaciuto fare cinema vedendo per caso in tv, a 17 anni, Bianca», confessa Pavone. Che, a proposito di cosa le abbia lasciato l’esperienza professionale con Moretti, aggiunge: «Un aspetto di Quasi a casa è che Caterina non riceve mai un insegnamento preciso da Mia, forse perché lei stessa in parte si sente a disagio nel ruolo di maestra, ma forse anche perché non c’è molto che si possa insegnare. Vale anche per me, solo la possibilità di stare sui set di Nanni e vederlo lavorare, dirigere gli attori, mi ha permesso di “rubare” una serie di cose».
Per il ruolo di Caterina, la regista ha scelto l’esordiente Maria Chiara Arrighini: «È un’attrice speciale, un piccolo genio. Per una scena dove sul copione era semplicemente scritto “Caterina cammina a bordo strada”, Maria Chiara aveva preso due pagine di appunti!». E però, paradossalmente (ma forse neanche tanto), il primo provino non era andato benissimo. «Poi ci chiama il suo agente e ci dice che era rimasta molto colpita dal ruolo e ora aveva capito cosa doveva fare. È tornata e al secondo provino era un’altra persona, e pensandoci adesso mi rendo conto che era la cosa più in linea col personaggio che potesse fare!».
Il lavoro sul personaggio principale ha aperto a un’ulteriore riflessione: «Se vuoi provare a farcela da artista donna hai una difficoltà in più, quella di dover aver a che fare in maniera molto delicata e complessa con la tua immagine. Caterina non è sexy, non sa nemmeno come acconciarsi i capelli. E questo ci parla di una sua ricerca di identità».
Nel cast anche una parte per Francesco Bianconi dei Baustelle. «Volevamo qualcuno che fosse davvero nel mondo della musica. Io ammiro molto da sempre i Baustelle, e qualche giorno fa è successa una cosa adorabile: un mio compagno di liceo che ha letto di Quasi a casa mi ha ricordato di quando io e lui a sedici anni ci siamo intrufolati nel backstage dell’Auditorium e ci siamo fatti una foto con Francesco Bianconi. E ora lui è nel mio film!».