All’ultimo Sundance Film Festival 2025, il film scritto e diretto da Eva Victor ha conquistato il Waldo Salt Screenwriting Award nella sezione U.S. Dramatic, un premio assegnato al suo Sorry, Baby per la “straordinaria onestà” della sceneggiatura, ma i motivi per recuperarlo sono diversi, a partire dalla presenza di volti e nomi noti – come quelli di Naomi Ackie, Lucas Hedges, John Carroll Lynch, Louis Cancelmi e Kelly McCormack – o per vedere all’opera nel lungo la promettente filmmaker, piuttosto popolare in ambito indie per i video pubblicati sul proprio account Instagram @evavictor e nelle pillole di Eva vs. Anxiety disponibili sul canale youtube di Comedy Central Originals. Ne riparleremo, probabilmente, visto che la A24 ne ha acquistato i diritti per circa 8 milioni di dollari.
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IL FATTO
Dopo un accadimento imprevisto, tutto sembra essere cambiato per Agnes, ma per quanto sia brutto e doloroso quello che le è successo, la vita va avanti… Sicuramente per tutti quelli che la circondano, ma in fondo anche per lei, sebbene con difficoltà. Purtroppo la sua amica del cuore ha altro a cui pensare ed è meno presente, come anche i colleghi dell’Università, ma è proprio legato a quel periodo il trauma vissuto che ha fatto sì che la ragazza smettesse in qualche modo di pensare al futuro.

L’OPINIONE
Più che “ironico e contemplativo”, il film della Victor è sicuramente un intenso e ragionato punto di vista sul trauma – il particolare narrato, come più in generale – e la sua elaborazione. Uno sguardo a tratti confuso e troppo condizionato da una estetica e uno stile che rischiano di relegarlo a una bolla troppo specifica (e stereotipata, almeno per il modo di porsi, di interagire tra personaggi e per i temi delle conversazioni), probabilmente quella di riferimento della regista.
Che pure trova una forma interessante per costruire questa sorta di “Traumedy“, diviso in capitoli e raccontato in forma non lineare (come il recente Strange Darling), sui cinque anni di ‘gestazione’ di un dolore e sulla sua origine, denominati in maniera decisamente originale e – a loro modo – evocativi: L’anno con il bambino, l’anno con le domande, l’anno con il buon sandwich e ovviamente l’anno con la “brutta cosa”. Che non viene mai nominata, a sottolineare l’omertà che circonda certi crimini o l’alienazione cui costringe le sue vittime, ma anche la difficoltà che protocolli medici impersonali o rigidi regolamenti scolastici aggiungono a certi contesti. Con evidenti limiti quanto a capacità empatiche degli stessi, e del film, che per fini propri esagera ogni situazione.
Offrendo spunti e suggestioni, anche grazie a scelte non banali di audio e fotografia, che nel loro sposarsi in maniera intelligente con le immagini compensano una prova non indimenticabile da altri punti di vista, soprattutto nella regia e nella costruzione delle scene (sia per comportamenti dei personaggi sia per un montaggio piuttosto basico). Più interessanti, paradossalmente, i momenti in cui il movimento è azzerato e l’inquadratura è fissa (su una porta chiusa, su una casa nella quale possiamo immaginare cosa stia accadendo), anche più del monologo conclusivo dal quale è preso il titolo del film, decisamente retorico.
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SE VI È PIACIUTO SORRY, BABY, GUARDATE ANCHE…
Senza voler svelare troppo, ma restando nell’ambito del trauma al centro del film, ma soprattutto della scelta del silenzio – condizione nella quale spesso le vittime stesse sono costrette dall’esterno – come reazione, o rifugio, alcuni titoli interessanti da vedere a seguire potrebbero essere lo Speak – Le parole non dette con Kristen Stewart del 2004, basato sull’omonimo romanzo di Laurie Halse Anderson, o il meno reperibile The Light of the Moon, ma soprattutto il La ragazza più fortunata del mondo (Luckiest Girl Alive) del 2022, con Mila Kunis e Jennifer Beals, tratto dall’omonimo romanzo di Jessica Knoll (qui anche sceneggiatrice).
