Tokyo Film Festival 2024, Kondo Ryota e il nuovo J-horror

Il regista racconta il suo esordio nel film prodotto da Takashi Shimizu

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Kondo Ryota Missing child videotape

Assistente di Miyake Sho nella serie Netflix del 2020 Ju-On: Origins, Kondo Ryota è un esordiente di lusso al Tokyo Film Festival 2024. Non fosse altro che per la sponsorizzazione di un maestro del J-horror come Takashi Shimizu (regista dei due Ju-on giapponesi e dei due The Grudge statunitensi), che ha prodotto il film con cui debutta dietro la macchina da presa, il Missing Child Videotape che sviluppa l’omonimo corto del 2023.

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Un film che, stando alla premessa, “permetta agli spettatori di sperimentare il terrore intrappolato nell’immagine grossolana di una cassetta VHS“, ma che nel suo svilupparsi intreccia diversi sottogeneri e aggiunge un elemento nuovo, niente affatto banale in questo tipo di prodotti. Come ha raccontato lo stesso regista, ospite della trentasettesima edizione del TIFF nipponico.

Kondo Ryota Missing child videotape

Una cosa che colpisce del suo film è il suono, elemento importante ma non predominante come in altri del genere, che ruolo voleva dargli?
Pensando al cinema horror, al cosiddetto J-Horror degli anni ’90 o dell’inizio del 2000, anche alcuni di questi film non avevano effetti sonori così importanti. Credo che molte espressioni fossero più controllate, e questo era esattamente ciò che volevo ottenere: nessun suono particolare che esaltasse gli elemento spaventosi. D’altronde, immaginando di essere nella situazione mostrata, non credo si sentirebbero questi grandi suoni, e io volevo cercare proprio la realtà e di creare un equilibrio tra la questa e l’elemento  horror del film.

Il rapporto tra Keita e Tsukasa lascia trasparire che siano una coppia, o abbiamo frainteso?
No, assolutamente. In molti film horror giapponesi, e non solo, forse in ogni film del genere, la sessualità e l’identità vengono espresse solo quando hanno una qualche rilevanza per il tema o la storia stessa. Io non volevo che il film fosse impostato in questo modo, anche se non aveva nulla a che fare con il genere in sé, volevo che fosse solo un elemento come un altro.

Tutto si svolge nel 2015, per la necessità di usare una VHS (che il suo attore più giovane – Amon Hirai – ha ammesso di non aver mai usato né di aver mai immaginato cosa fosse)?
Le VHS appartengono al tempo dei più grandi ormai, è sicuramente questo un motivo. Ma volevo anche che non si andasse troppo indietro nel tempo, in modo che il pubblico potesse relazionarsi con quello che accade, e potesse trovare agganci con la propria memoria.  Oltre a evitare che ci potessero essere delle associazioni specifiche con accadimenti passati.

C’è una sorta di tempo sospeso, uno spazio di non realtà, cosa voleva aggiungesse questo senso di ignoto?
Abbiamo nomi diversi per definire quello che non conosciamo, che si chiami diavolo, fantasma o altro, cerchiamo sempre di dare un nome a ciò che è sconosciuto. L’orrore riguarda proprio il tentativo di avvicinarsi a qualcosa che non è reale e non conosciuto, ma credo che se c’è qualcosa di non visibile, qualcosa che non conosciamo, dovremmo lasciarlo tale.