Gipi, la nostra intervista social a Ciak in Mostra

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Gipi

«Entrate in sala con la voglia di lasciarvi andare e divertirvi!». È il consiglio di Gipi che alla 75esima edizione della Mostra del cinema di Venezia presenta il suo ultimo film, Il ragazzo più felice del mondo. La storia è vera: c’è una persona che da più di vent’anni manda lettere a tutti gli autori di fumetti italiani spacciandosi per un ragazzino di quindici anni. Nelle lettere chiede sempre “uno schizzetto” in regalo. Il fumettista italiano Gipi inizia a indagare su questa persona. Vuole girare un documentario, trovare questa persona, intervistare gli altri autori che hanno ricevuto la lettera. Abbiamo incontrato Gian Alfonso Pacinotti (così come risulta all’anagrafe) per farci raccontare della sua nuova esperienza da regista e per rispondere alle vostre domande nella nostra intervista social.

Gipi

Hai portato sul grande schermo un film davvero fuori dagli schemi. Come sei riuscito ad avere carta bianca dai produttori?
Domenico Procacci è un grande amico e ancora adesso non so perché abbia tutta questa fiducia in me. Io gli ho raccontato che volevo fare questa storia. Lui mi ha detto: «Ah interessante, pensiamoci!”. Mentre lui ci rifletteva io ho messo insieme una troupe di sedici ragazzi, giovanissimi, tutti provenienti dal centro sperimentale. Tempo dieci giorni e avevamo già iniziato a girare. Ho parlato con mia moglie e le ho detto: “Amore, che ne pensi se finiamo tutti i soldi che abbiamo messo da parte in una vita di lavoro per fare un film completamente fuori di testa?. Lei mi ha detto:”Ok, io faccio da produttrice esecutiva”. Abbiamo girato tutto fino al punto in cui abbiamo chiamato Domenico e gli ho detto:”Io intanto mi sono portato avanti!”. Dopo aver visto un pre-montato Procacci si è convinto e per fortuna è entrato nel progetto economicamente perché io mi ero già rovinato! In sostanza ho fatto una scommessa sulla mia vita.

Nel film c’è anche un simpatico cameo di Jasmine Trinca e Kasia Smutniak. Come le hai convinte a partecipare?
Ho pensato a loro perché noi quattro protagonisti non siamo esattamente Brad Pitt. A me i miei attori piacciono da morire, ma capisco che ho gusti particolari. Era simpatica l’idea che la mega produzione del film mi convincesse a sostituirli con quanto di più distante ci fosse da loro e quindi ho pensato a Jasmine e Kasia. Loro sono due mie amiche e quando gli ho chiesto di partecipare sono state stupende. Sono venute subito sul set per girare la loro scena: io e i ragazzi abbiamo finito di essere una troupe vera, con tanto di luci e elettricisti  che non usavamo mai, per fare un po’ di “massa” e metterle a loro agio. Non volevamo dargli l’idea che stessero cascando in una trappola!

Perché senti l’esigenza di raccontare te stesso al cinema ma anche nei fumetti?
Uso me stesso come un pupazzo dei Muppets. Fin da quando sono ragazzo mi guardo allo specchio e penso che sono un incrocio tra un uomo e un cartone animato quindi mi viene naturale. Ma è anche doloroso: a me piace andare davanti alla macchina da presa però quando mi rivedo sto malissimo. Per fortuna ho lavorato con una montatrice molto brava che mi ha impedito di togliermi da ogni inquadratura. Io spero che parlare di me non risulti una cosa ego-riferita, ma che possa essere utile per raccontare anche dei temi universali.

 

Guardando il tuo film, sembra che tu non abbia una grandissima opinione degli Youtuber. Sbaglio?
Ho 54 anni se stessi a guardare gli Youtuber sarei un cretino! In realtà ho avuto modo di lavorare con alcuni di loro ed è stata un’esperienza veramente bella. Nel ragazzo più felice del mondo c’è una riflessione più ampia: da anni mi chiedo cosa spinga attori, artisti e scrittori ad esporsi al giudizio degli altri. Perché sentono questa esigenza? A un certo punto della mia vita ho affrontato delle difficoltà e ho capito che ci sono dei motivi profondi se si va a chiedere l’amore del pubblico. Nel mio caso io vado a chiedere l’amore del pubblico perché l’amore che ho ricevuto in famiglia, crescendo, era un amore che mi arrivava solo quando ero bravo. Inconsapevolmente se cresci così, pensi che quello sia il vero amore quando invece dovrebbe essere un sentimento che ti accompagna soprattutto quando sei “sbagliato”. Quando hai quella formazione hai un buco enorme nel cuore e cerchi gli applausi perché ti sembra che riempiano quel vuoto. In realtà quell’apprezzamento finisce per ingigantire quelle mancanze. E ti ritrovi a pensare che l’unica soluzione sia ricevere ancora più applausi. Però poi rischi che in quel vuoto che hai nell’anima, ti passi un vento gelido, che non consiglio a nessuno di provare. Io ho fatto un lungo percorso personale, ora sono di cosa sono fatto e mi diverte raccontarlo. Sono cambiato molto, un tempo soffrivo come un cane per ogni singola critica.

C’è stata una sequenza che è stato più difficile girare?
Vorrei dirti che c’è stata una scena emotivamente più complessa, ma la verità che è ci siamo davvero divertiti. Abbiamo riso tutto il tempo!

E dopo l’esperienza di Venezia. Quali altri progetti ti aspettano?
Sto lavorando a un nuovo libro a fumetti. Farò altre cose per il cinema e presto sarò al Festival di Internazionale dove forse morirò: leggerò senza mai interrompermi, nemmeno per bere, mangiare o dormire, i nomi dei 35mila migranti morti in mare. Quelli almeno dei quali conosciamo il nome. È una cosa che faccio per espiazione dei sensi di colpa da occidentale. So che non serve a niente, però lo voglio fare perché penso che queste persone meritino almeno una cerimonia dove venga ricordato il loro nome.