“45 ANNI”: L’AMORE NON È UNA COSA SEMPLICE

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Da giovedì 5 novembre al cinema, 45 anni di Andrew Haigh, che riflette sull’impossibilità della certezza delle emozioni. E sull’irrilevanza del tempo

Nonostante il titolo di un fortunato album di Tiziano Ferro, l’amore non è mai una cosa semplice. E proprio alcuni film che sono attualmente al cinema lo testimoniano: non lo è durante gli anni dell’adolescenza, in quanto castigato dalla presenza suprema e inesistente di un fondamentalismo cattolico che non permette spiragli emotivi (Kreuzweg – Le stazioni della fede); non lo è con l’arrivo della mezza età, in quanto messo a repentaglio dalla vitalità di una irresistibile escort che sogna di diventare un’attrice (Tutto può accadere a Broadway); e, soprattutto, non lo è all’alba dell’anniversario dei quarantacinque anni di matrimonio, come è magnificamente provato dal terzo film del regista inglese Andrew Haigh, intitolato proprio 45 anni, presentato all’ultimo Festival di Berlino e vincitore dell’Orso d’Argento per l’interpretazione dei suoi due protagonisti, gli inarrivabili Tom Courtenay e Charlotte Rampling. I loro personaggi si trovano di fronte al momento più complesso della loro vita coniugale: Courtenay è Geoff, un uomo sconvolto dalla notizia del ritrovamento del cadavere intatto della sua prima fidanzata, scomparsa durante un’escursione avvenuta proprio qualche anno prima di conoscere la sua attuale consorte. Una relazione la cui importanza è sempre stata nascosta da Geoff a sé e alla moglie Kate, ma che, adesso, riemerge in maniera incontrollabile nella sua devastante rilevanza emozionale.

Haigh pone allo spettatore un quesito già frequentato, come quello di un passato sentimentale impossibile da rimarginare nel momento in cui la sua ferita viene riaperta: la grande originalità del suo adattamento (il film è tratto da un racconto di David Constantine), però, è quella di collocare la questione all’interno della dinamica di una coppia che ha trascorso quasi una vita insieme e si appresta a celebrare la solidità duratura del rapporto. Non soltanto: il terzo incomodo, in questo caso, è un morto. Ed è proprio nella sensibilità con cui viene percepito un tradimento che abita esclusivamente nelle emozioni del protagonista che il regista compie un vero miracolo di sfumature e suggestioni: i segni, le rughe, i volti di Courtenay e della Rampling sono il vero cuore pulsante, sicuramente più emblematici delle (poche) parole che si scambiano. Non esiste certezza. 45 anni assume il punto di vista femminile, quello di una donna che deve confrontarsi con il crollo improvviso delle proprie convinzioni, ma è anche un grande ritratto maschile, che scava nelle pieghe profonde di chi è in grado di conservare l’eternità di un sentimento, per quanto possa rimanere apparentemente congelato. Ribadendo che tutti noi abbiamo soltanto un gettone per incontrare l’amore della vita. E la tragicità del destino, spesso e volentieri, si pone in direzione ostinata e contraria, ostacolando la coordinazione delle emozioni.

Emiliano Dal Toso