50 ANNI SENZA BUSTER KEATON: ECCO PERCHÉ HA RIVOLUZIONATO IL CINEMA

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A mezzo secolo dalla scomparsa, le sue invenzioni comiche ci fanno ancora ridere: vi spieghiamo perché Buster Keaton era un genio attraverso tutte le sue gags migliori

DI MASSIMO LASTRUCCI

Buster KeatonIl primo febbraio di 50 anni fa, a Woodland Hills, a 71 anni (da compiere il 4 ottobre) ci disse addio uno degli autentici rivoluzionari del cinema, inteso come arte. Stiamo parlando di Buster Keaton, detto “rompicollo”, funambolico comico che trasformò l’arte della gag (vocabolo inglese – in italiano coniugato sia al femminile che al maschile – che definisce le trovate appositamente studiate per far ridere o comunque impressionare lo spettatore) in spettacolo di pura poesia, di creazione artistica che raggiunge le vette artistiche del sublime, in forme a volte di complicata progettazione e attuazione ma dallo svolgimento sempre leggero ed elegante, per questo di assoluta originalità.

STORIA DI UN PIONIERE DELLA RISATA

Aveva fatto lunga gavetta, l’omino del Kansas, figlio di artisti di varietà e subito scaraventato (letteralmente) in scena a fare da proiettile bambino negli sketch dei genitori. A Hollywood, ovviamente un po’ più grandicello, si legò al famoso ciccione dal viso fanciullesco (involontariamente inquietante) Fatty Arbuckle, diventandone amico fraterno. Fu il suo trampolino di lancio; la sua espressione malinconicamente impassibile ( “faccia di pietra”), ne fece prima spalla apprezzata, privilegiata per svilupparsi presto, grazie alle sue doti di acuto osservatore e studioso dei modi di far ridere, in protagonista, autore di corti e poi di lungometraggi di grandissimo successo.

Buster KeatonDal 1920 al 1928, infilò una straordinaria serie di opere memorabili (di vari e crescenti durate) prima di infilarsi clamorosamente e incautamente in una per lui trappola mortale: un contratto con la MGM e il concomitante avvento del sonoro. Fu un tracollo repentino. Nel 1932 si trovò disoccupato, alcolizzato e divorziato (da Natalie Talmadge, si sarebbe poi risposato comunque altre due volte). Si barcamenò tra cliniche di disintossicazione e produzioni minori, i grandi del cinema non si dimenticarono comunque di lui e cominciò a tornare con assiduità sui set. Sceneggiò per i fratelli Marx (Una notte all’opera, 1935, Tre pazzi a zonzo, 1940), recitò in Viale del tramonto (1950) di Billy Wilder, in Luci della ribalta (1952) con Chaplin e poi tanta Europa, con il circo Medrano e persino un film in Italia con Franco e Ciccio (!!), Due marines e un generale (1965, regia di Luigi Scattini, in cui recitò sempre muto con una sola battuta alla fine: “Grazie!”).

Fu soprattutto una maschera tragica e silenziosa, perfettamente funzionale al pessimismo esistenziale di Samuel Beckett in Film (mediometraggio capolavoro del 1964), salutando infine il mondo del cinema con il delizioso Dolci vizi al foro (1966, di Richard Lester), già minato dal cancro. Nel 1960 gli Academy Awards gli assegnarono un Oscar alla carriera, a oggi l’American Film Institute lo ha collocato al 21mo posto tra le più fulgide stelle del cinema e ogni anno il Festival del Cinema Muto di Pordenone rammenta la sua grandezza, costituendo il simbolo-logo di quella straordinaria manifestazione.
(continua dopo il video)

IL SEGRETO DELLA SUA COMICITÀ

Buster Keaton«Un commediante fa cose divertenti, un buon commediante fa divertenti le cose ». In questo aforisma Buster Keaton in un certo senso spiega il carattere particolare e geniale del suo fare film. Ovvero: prende la dinamica di una scena che dovrebbe svolgersi, secondo le leggi della fisica e della logica, in un certo modo e la ribalta e la devia verso una strada imprevedibile. Ora dilatando la dimensione della quantità, ora utilizzando le prospettive della macchina da presa, ora travolgendo il senso della narratività. Magari moltiplica gli elementi sino all’assurdo o facendo della persona (cioè lui, “rompicollo” Buster), un elemento funzionale e ridicolmente inerte alla meccanica dei movimenti degli oggetti.

LE SUE GAGS MIGLIORI

In Cops (1922, nel video sopra) viene inseguito da una miriade di poliziotti, centinaia e più non si riesce a contarli; in Le sette probabilità (1925) da altrettante aspiranti spose già agghindate e venute in risposta a una sua generica richiesta di appuntamento matrimoniale (solo un nome proprio). In Come vinsi la guerra (1927), da aiuto macchinista durante la Guerra di Secessione si siede stralunato per una delusione d’amore a una puleggia della locomotrice che si mette in moto e viene trasportato via, senza rendersi conto. A volte le sue invenzioni sono di assoluta temerarietà: in La palla n. 13 (1924) è seduto sul manubrio di una motocicletta, convinto di essere guidato da uno dietro a lui (che invece è stato sbalzato via): così appollaiato schizza per strade affollatissime, tra mille pericoli, senza che il mezzo si ribalti o che lui se ne renda conto.

Buster KeatonIn Steamboat Bill jr. (1928) costruisce una casa (precaria) che gli crolla addosso, causa un ciclone, ma che riesce a non scalfirlo (aveva studiato la posizione esatta sul terreno per farsi attraversare dall’orbita di una finestra!), in Accidenti che ospitalità (1923) salva la ragazza dei sogni, trascinata verso una cascata, lanciandosi come un Tarzan appeso a una corda proprio nel punto esatto in cui le acque iniziano a precipitare, afferrandola al volo (con una sola possibilità di riuscita come si può intuire!). A volte è il sogno del protagonista a suggerire possibilità geniali: in Il teatro (1921) si ritrova per la moltiplicazione degli effetti speciali contemporaneamente in decine di ruoli (anche assurdi) sulla ribalta; in La palla n.13 è un proiezionista che si addormenta: lo vediamo penetrare nello schermo nella scena del film proiettato (e il trucco non si vede: lo utilizzerà anche Woody Allen in La rosa purpurea del Cairo) per passare perplesso ma sempre a tempo, di set in set seguendo il montaggio. Come si vede opere di architettura cinematografica assolutamente geniali (ancora oggi!) che si fanno vedere nel loro apparente scioltezza da far gridare al miracolo, al puro genio del cinema. Del resto, come suggeriva lo stesso Buster Keaton: «Perché essere difficili quando con un minimo sforzo potete essere impossibili? ».