“QUALCOSA DI NOI”, STORIA DI UNA PROSTITUTA PER SCELTA

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Wilma Labate ha presentato al Torino Film Festival, alla presenza del regista Paolo Virzì, il documentario Qualcosa di Noi su Jana, 46 anni, prostituta per scelta

«Questa cineasta piccolina ma battagliera, portavoce della sua generazione, ci ha spiazzato. Parla del corpo tramite un “personaggione”. Con ironia e sfacciataggine parla del sesso mercenario, di argomenti che spesso vengono raccontati con malizia ». Così Paolo Virzì, appena tornato da Los Angeles dove sta promuovendo il suo Il capitale umano, candidato italiano al Premio Oscar, accoglie gli spettatori del Cinema Massimo dove di lì a poco sarà proiettato Qualcosa di Noi, ultimo lavoro di Wilma Labate presente tra i titoli in programma nella rassegna Diritti & Rovesci di questo Torino Film Festival.

Jana vive a Bologna, ha quarantasei anni, due figli, un compagno e da undici si prostituisce nel suo appartamento. La scelta di raccontare la storia della donna nasce da una duplice motivazione. «Per un anno sono stata docente degli allievi della scuola di scrittura bolognese Bottega Finzioni e per me era doveroso far fare a questi ragazzi un’esperienza pratica dopo la parte dedicata alle lezioni teoriche. Era fondamentale realizzare con loro un lavoro “quasi vero”. Abbiamo provato a scrivere dei soggetti. Poi ho conosciuto Pia Covre, la sindacalista delle prostitute che mi ha messo in contatto con Jana. Avevo una gran paura, pensavo non sarebbe stato semplice. Quando finalmente l’ho conosciuta mi è passato tutto. L’idea poi è scaturita dall’intenzione di parlare di corpo, unica ricchezza che ci appartiene e antico strumento di comunicazione, e denaro, partendo dal fatto che oggi ci si concentra solo su questo e mai sul futuro, come se ci fossimo rassegnati ».

Virzì, direttore artistico della precedente edizione del Festival e qui nella duplice veste di guest director e curatore della sezione Diritti & Rovesci, visibilmente entusiasta della pellicola della collega, ha indagato, mosso da una palpabile curiosità, incalzando regista e protagonisti, la genesi e lo sviluppo del lavoro, ipotizzando un’immaginario incontro tra Flaubert, Maupassant o Zola e Jana. «Ne scriverebbero pagine e pagine. Una moderna Nanà! ». Virzì ha inoltre sottolineato lo scambio reciproco intercorso tra la protagonista e i ragazzi del laboratorio di scrittura. «Sei stata una psicoterapeuta con loro e anche loro con te. Lentamente si sono lasciati andare, hanno abbandonato le resistenze e l’iniziale spavento, la paura di dire a voce alta “prostituta” e vi siete trasmessi una vitalità reciproca ».

Qualcosa di noi è un documentario prezioso. Racconta con assoluta delicatezza e senza l’ombra del giudizio la storia di una donna consapevole, che ha fatto una scelta libera. Una donna che non si nasconde dietro un falso pietismo, capace di raccontare con assoluta schiettezza il dolore vissuto sulla sua pelle, il rifiuto, l’allontanamento, ma anche il piacere, il divertimento, l’amore che ha imparato a provare per se stessa. «Ci ha colto di sorpresa, con assoluta autenticità. La sua consapevolezza, l’elemento di gioco, libertà e sfrontatezza potrebbero creare delle alzate di sopracciglia in qualche benpensante » ha affermato la regista, mossa dalle domande di Virzì.

Filmato nel borgo di Iano, vicino a Sasso Marconi, in una casa d’appuntamenti clandestina, attiva negli anni ’60 e oggi riconvertita in albergo, con le stanze rimaste uguali, sospese nel tempo, il documentario parte dalla storia di Jana per perdersi in quelle degli aspiranti scrittori che finiscono per confidarle aspirazioni, rapporto con il sesso e ricordi. Con la macchina a mano che ne indaga i volti e cattura l’abbandono delle ritrosie parallelamente all’evolversi delle loro emozioni, Qualcosa di noi, è una scatola cinese di storie e pensieri, un racconto delicato e vivace, privo di ipocrisie e capace di raccontare anche “qualcosa di noi” attraverso le parole dei suoi protagonisti.

L’incontro è stato anche il pretesto per omaggiare Carlo Mazzacurati, il regista padovano scomparso prematuramente lo scorso gennaio, grazie alla presentazione de La Trilogia del Po, cofanetto contenente tre film simbolo dell’autore (Notte italiana, L’estate di Davide, La giusta distanza). Emanuela Martini, Direttore dell’edizione in corso del Torino Film Festival, insieme a Paolo Virzì, hanno ricordato l’importanza nel cinema italiano del lavoro di Mazzacurati. «Torino è stato il suo ultimo pubblico. Qui ha presentato La sedia della felicità e ha ritirato il Gran Premio Torino alla carriera. Ci manca la sua intelligenza. Quelli della mia generazione lo consideravano un maestro. Ha saputo indicare un modo di fare cinema d’autore con leggerezza » ha commentato commosso il regista livornese.

Manuela Santacatterina