BIG HERO 6: LA RECENSIONE

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id., Usa, 2014 Regia Don Hall, Chris Williams Sceneggiatura Jordan Roberts, Daniel Gerson, Robert L. Baird Produzione Roy Conly, John Lasseter Distribuzione Disney Durata 1h e 45′

In sala dal 

18 dicembre

Hiro Hamada, quattordicenne genio della robotica, inventa dei microrobots controllati con la forza del pensiero e capaci di dare forma a qualunque cosa, ma il giorno in cui presenta il suo lavoro nella scuola frequentata da altri cervelloni come lui scoppia un incendio e suo fratello Tadashi muore. Distrutto dal dolore Hiro si rinchiude nella sua stanza, assistito solo dal robot infermiere, gonfiabile ed extralarge Baymax (la voce italiana è di Flavio Insinna), progettato al fratello per prendersi cura delle persone. Un’invenzione che piacerebbe al presidente Obama e che ben si adatterebbe alla sua riforma sanitaria. Quando scopre che dietro la tragedia c’è un complotto, il ragazzino raduna una squadra di improbabili eroi, Baymax compreso, per salvare la città di Franfransokyo e dare la caccia al cattivo che si nasconde dietro una maschera del teatro kabuki.

I supereroi erano già stati protagonisti di un film Disney/Pixar (ricordate Gli Incredibili?) ma è la prima volta che lo Studio di Topolino realizza un cartoon ispirato a un fumetto Marvel, per quando sconosciuto, pubblicato nel 1998. Se negli anni Settanta e Ottanta i manga giapponesi erano il male, da quando Hayao Miyazaki ha dimostrato con i suoi lungometraggi di culto quanta arte e bellezza ci siano nell’animazione nipponica d’autore, le cose sono cambiate. John Lasseter ha sempre dichiarato la sua venerazione per il regista de La città incantata e ha pensato che era finalmente giunto il momento di far incontrare in un film della sua major Oriente e Occidente. Big Hero 6, diretto da Chris Williams e Don Hall con la speranza di replicare gli straordinari incassi di Il regno di ghiaccio, va ben oltre Bambi e Il re Leone nell’affrontare il tema della morte: se nel primo scompariva la madre e nel secondo il padre, qui a perire è il fratello maggiore, un lutto ancora più difficile da sostenere. Il mix di azione e sentimenti assicura al pubblico una buona dose di risate e Baymax riesce a essere tenero ed espressivo anche senza volto, a metà strada tra l’omino Michelin, un gigantesco marshmellow e Buster Keaton, conrastando nella sua semplicità grafica con il realismo di un un’ambientazione teatro di inseguimenti e combattimenti. Più Disney che Marvel, il film vi farà venire in mente anche Dumbo, Wall-e e Il gigante di ferro.

Alessandra De Luca