“BLOODLINE”: L’ULTIMO GRANDE ROMANZO AMERICANO

0

Su Netflix disponibili i tredici episodi della prima stagione ideata da Todd A. Kessler, Glenn Kessler e Daniel Zelman: ecco perché questo dramma famigliare è un vero capolavoro

18-bloodline.w750.h560.2xQuattro fratelli, due genitori, un resort da gestire sulle coste della Florida. Da queste fondamenta si innalza un grandissimo dramma famigliare, cupo e tragico, diviso in tredici episodi di un’ora ciascuno. Con Bloodline il marchio Netflix sembra aver puntato a un tipo di intrattenimento più complesso e meno immediato, che affronta temi forti e poco rassicuranti come la violenza domestica e la vendetta. Il fascino di questa prima stagione creata dai fratelli Kessler (la seconda dopo Damages, uno dei miglior legal-drama in assoluto) risiede proprio nella sua asprezza contestualizzata in un’ambientazione geografica da urlo, tra spiagge della Florida e gite in motoscafo. Ma non lasciamoci ingannare: è il sangue il filo conduttore di questa serie capolavoro. Sangue inteso come legame, innanzittutto: la ricca famiglia Rayburn è la protagonista di questa vicenda. E poi, sangue come inevitabile conseguenza del Fato: rimorsi, rancori, ripicche e sensi di colpa arricchiscono ogni episodio di una tensione drammatica costante, che esplode soltanto nel penultimo capitolo.

 

bloodline18-128815-600x395Come è accaduto nelle migliori serie televisive degli ultimi anni, piuttosto che la narrazione in sé, è la caratterizzazione dei personaggi la carta vincente: tutti i componenti dei Rayburn si portano dietro una pesantezza esistenziale dovuta alla morte della piccola Sarah, di cui il capo-famiglia Robert (Sam Shepard) ritiene responsabile il figlio Danny (Ben Mendelsohn), considerato la testa calda del gruppo fin da ragazzo. Già dal primo episodio, appare chiaro che Danny è la “pecora nera”. Sarà lui che metterà a repentaglio i fragili equilibri, provocando quelle apparenti certezze che permettono ai suoi fratelli e ai suoi genitori di poter continuare a mostrare alla comunità quella serenità che, in teoria, dovrebbe permeare attorno al nome della famiglia. Pian piano, i lati oscuri di tutti i fratelli prenderanno il sopravvento, non soltanto quelli di Danny: John (Kyle Chandler) viene presentato un po’ come il figlio modello, l’orgoglio, un poliziotto stimato e rispettato da tutti che sta per essere nominato sceriffo. Una specie di americano medio di successo, di sani principi etici, l’unico che sembra mostrare un sincero affetto nei confronti di Danny: nel corso della stagione, lo vedremo disposto a sacrificare molto pur di tutelare il proprio “castello” e il proprio buon nome. Poi, c’è Meg (Linda Cardellini), anche lei donna in carriera e di successo, avvocato che si occupa degli aspetti economici dei Rayburn, oltre che delle questioni ereditarie: una vera e propria figlia di papà, sicuramente la più scaltra e astuta del gruppo. Il suo punto debole sono gli uomini, e la fedeltà. Non ama Danny, tutt’altro: in maniera non esplicita, mostra una grande insofferenza nei suoi confronti e sa che la cosa migliore sarebbe tenerlo il più lontano possibile. Kevin (Norbert Leo Butz) è il fratello più superficiale e viziato, più interessato alle spiagge, alla birra e alle tavole da surf che ad altro: appare fin da subito evidente la sua ingenuità. Ciononostante, è molto amato dei genitori: il suo carattere è piuttosto plasmabile, sa che gli conviene l’appoggio dei suoi e i suoi sanno che non può far del male a nessuno, né mettersi in competizione con John e Meg.

bloodlineIl conflitto emotivo che tiene in piedi i tredici episodi di Bloodline è merito del Danny di Ben Mendelsohn. Un anti-eroe sgradevole e vendicativo, eppure l’unico personaggio con cui lo spettatore può simpatizzare. Un viscido, un bastardo, ma proprio per questo il più autentico dei quattro fratelli: mal sopportato dal padre, che in gioventù lo massacrò di botte, si ripresenta dopo anni nella locanda di famiglia per essere reintegrato e dare il suo contributo alla causa. L’unico che sembra sinceramente contento del suo ritorno è John, gli altri sono molto titubanti e pensano piuttosto alla parte di eredità che dovrà spettargli. Ma lo scopo di Danny è un altro, e verrà fuori sempre più chiaramente nella seconda parte della stagione: è l’unico che tiene testa alla furbizia di Meg e all’intelligenza della madre (Sissy Spacek), l’unico personaggio maschile capace di interpretare gli eventi e i comportamenti degli altri in anticipo. John e Kevin, a differenza sua, appaiono sempre un po’ in ritardo e, a tratti, sembrano più delle marionette controllate dai componenti femminili dei Rayburn. Non è un caso che Bloodline si infiammi proprio nei duetti tra Mendelsohn e la Cardellini, nei loro sguardi infidi, nelle loro reciproche e sottilissime provocazioni verbali, fino a diventare delle vere e proprie minacce.

Bloodline ci sembra possedere un respiro tragico molto più ampio della maggior parte delle serie televisive contemporanee: i tempi narrativi sono molto più dilatati e lasciano spazio alle psicologie dei personaggi, all’indagine dei loro demoni interiori. Non è certamente una serie ad uso e consumo, ma un profondo romanzo americano, che può far pensare tanto a Six Feet Under e True Detective quanto alle tragedie greche di Eschilo, Sofocle, Euripide.

Emiliano Dal Toso