“BRIGHT LIGHTS”: SU SKY IL DOCUMENTARIO SU CARRIE FISHER E LA MADRE DEBBIE REYNOLDS CHE ABBIAMO VISTO IN ANTEPRIMA

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Il documentario su Carrie Fisher e Debbie Reynolds in onda su HBO e SKY e visto in anteprima per Ciak

DI PIERA DETASSIS 

Abbiamo visto in anteprima il documentario Bright Lights su Carrie Fisher e Debbie Reynolds, morte a poche ore di distanza dando luogo a un’ondata incredibile di commozione tra i fan e non solo. La messa in onda del film , diretto da Alexis Bloom e Fisher Stevens, è stata decisa da HBO per il 7 gennaio in Usa, mentre in Italia verrà programmato su Sky nei prossimi giorni. Dietro le immagini, l’ombra onnipresente del figlio e fratello Todd Fisher a cui si devono coproduzione e materiali visivi intimi e inediti: ad un certo punto mostra la sua parete di manifesti cinematografici che vanno scientemente da Cantando sotto la pioggia, il film culto della madre, al film con Eddie Fisher popolarissimo cantante attore che la sposerà  fino a Cleopatra, in cui il padre conosce Liz Taylor, migliore amica della moglie e per la quale, più tardi, lascerà con immenso scandalo Debbie e i suoi figli Carrie e Todd. “Ho sunteggiato la mia vita in qualche poster”, dice lui con bella ironia.

Il docu ovviamente assume una luce diversa dopo quest’ultima “tragedia americana”, due star, madre e figlia, morte a poche ore di distanza quasi per rimanere abbracciate insieme nell’eternità, eppure è stato girato inconsapevoli del dramma shakespeariano che si profilava. Un viaggio nelle voragini del culto hollywoodiano, sterminata lussuosa casa a fianco di quella di Carrie dove vive Debbie circondata dai cimeli dell’epoca d’oro, come le scarpette de Il mago di Oz di Judy Garland, gli abiti di scena e e le tantissime foto delle star amiche. Ma tutto contrasta con la salute malferma, le gambe affaticate, il make up che indossa per le serate nei casino di Las Vegas. E soprattutto con l’immensa solitudine delle due donne, una Carrie appesantita da anni di droga, alcol e instabilità mentale, perennemente con una lattina di Coca in mano, spesso fuori tono e farfugliante, la voce diventata carta vetrata.
Solo la sua mamma funziona da centro di gravità dopo gli anni di Star Wars, della celebrità e della rivolta nichilista. Due anziane star che si sorreggono l’un l’altra, costrette a rimanere quel che son state senza poter sfuggire alla maschera. Sono importanti, a volte shoccanti i contributi d’epoca, i filmati originali messi a disposizione dall’erede Todd, Carrie sulla Grande Muraglia, Carrie adolescente che canta a fianco della mamma in body e cilindro, Debbie scatenata in qualche film coloratissimo e poi le foto e i super8 di famiglia, la crudeltà dei nonni e quell’implacabile disastro losangelino, così assolato, che penetra nelle ossa. O quelle ultime immagini d Eddie Fisher prima della morte, devastato dalla malattia, che confessa: “Non sono stato un buon padre, avevo un solo pensiero: come procurarmi la droga”.
Forse il film di questo declino fusionale è una risposta a Cartoline dall’inferno, libro e poi film che le trafisse entrambe, Debbie  e Carrie con le maschere deformati di Shirley MacLaine e Meryl Streep. Il senso è racchiuso in una scena surreale: Carrie versione sciatta e quotidiana, curva e appesantita (prima dell’evidente remise en forme momentanea per Star Wars – Il risveglio della forza) incontra in qualche raduno di cosplayer i  fan travestiti da Principessa Leia, casalinghe grassone e bimbette con la tunica bianca e le trecce arrotolate, 5 dollari la foto, un dollaro l’autografo. Repliche eterne di una star dall’unico ruolo, rimasta nel cuore di tutti come la principessa triste. Dopo Diana, la più sfortunata.

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