CANNES 2016: GUIDA AL NONO GIORNO SULLA CROISETTE

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Un piccolo villaggio rumeno, il mormorìo della gente, quattro sospettati, indagini in corso. Christian Mungiu ha tenuto a lungo segreta la trama di Bacalaureat, in concorso oggi a Cannes, ciò che accresce la già grande attesa per il regista rumeno che nel 2007 vinse la Palma d’Oro per il suo secondo lungometraggio 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni. 
Romeo è un medico della Transilvania che ha predisposto tutto affinché sua figlia, Eliza, sia accettata in un’università inglese dopo l’esame di maturità. Ma Eliza viene aggredita e l’esame sembra fuori discussione. Così tutta la vita di Romeo è rimessa in discussione quando dimentica i principi che ha insegnato a sua figlia, tra compromesso e compromissione.

 

L’appuntamento del giorno è, però, Xavier Dolan. Il giovanissimo regista canadese tanto amato per Mommy nel 2013, porta quest’anno un film tratto dall’omonimo spettacolo teatrale di Jean-Luc Lagarce, Juste la fin du monde, con un cast d’eccezione tra cui Marion Cotillard, Vincent Cassel, Léa Seydoux e Nathalie Baye. È la storia di uno scrittore che dopo dodici anni di assenza torna nella sua città natale per annunciare alla famiglia la sua morte prossima. La riunione fa emergere l’amore attraverso gli eterni litigi e i risentimenti che parlano malgrado loro. Le dinamiche familiari tornano al centro degli interessi di Dolan che mette sotto la lente d’ingrandimento la potenziale empatia tra le persone rovinata dall’incapacità di amare. 

Mentre Paterson già corre verso la Palma d’oro, oggi Jim Jarmusch presenta Gimme Danger, il suo documentario fuori concorso sul suo amico Iggi Pop e The Stooges, dalla loro comparsa alla loro eredità. Apparsi per la prima volta a Ann Arbor, Michigan, nel corso di una rivoluzione contro-culturale, lo stile potente e aggressivo di The Stooges ha avuto l’effetto di una bomba nel paesaggio musicale della fine degli anni ’60. Su quel mix di rock, blues, R’n’B e free jazz, Iggy Pop pose le basi per quello che poi venne chiamato punk e rock alternativo. Il più promettente regista del festival traccia l’epopea di The Stooges fino al Pantheon del rock. 

 

La Corea del Sud di Na Hong-jin spicca nel fuori concorso con The Wailing: in un tranquillo villaggio sopraggiunge uno straniero e cominciano a susseguirsi una serie di strani eventi. Un detective decide di rivolgersi a uno sciamano. Invece la Svezia di Juho Kuosmanen apre la sezione Un certain regard con Hymylevä Mies, una storia vera ispirata a Olli Mäki, il primo pugile finlandese a battere il campione mondiale USA. E finalmente arriva il noir di Stefano Mordini, Pericle il nero con Riccardo Scamarcio nel ruolo di un uomo assoldato dalla camorra per punire chi tradisce. Almeno fino a quando commette un grave errore e scappa per ricominciare a vivere.

Ritornano i legami familiari attraverso la storia di un padre giapponese in After the storm di Hirokazu Kore-Eda. Per chi avesse voglia di ritornare sui passi di Luigi XIV invece, Albert Serra racconta gli ultimi tre giorni di vita del sovrano in La mort de Louis XIV. Un adattamento delle memorie di Saint Simon sul personaggio del Re Sole, interpretato dall’icona Jean-Pierre Léaud. Mentre Cannes Classics oggi racconta la storia della famiglia Coppola nel documentario di Michele Russo, The Family Whistle, il cinéma de la plage fa rivivere Il sorpasso di Dino Risi.

La regista di Citizenfour, Laura Poitras presenta invece quest’anno Risk, un documentario sugli sviluppi del caso Assange e le sue fughe di dati, con testimonianze dirette. Spaccati di attualità alla Quinzaine des Réalisateurs dopo Laura Poitras continuano con Uda Benyamina, la regista francese di origine marocchina che porta Divines, una storia di ambizioni e brama di successo da periferia.  
Due attrici registe infine si presentano nella Semaine de la critique, Chloë Sevigny con Kitty, la storia di una ragazza che sogna di diventare un gatto, e Laetitia Casta con En Moi, ritratto di una regista in crisi di ispirazione.