CARTOLINE DA CANNES

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Prima notte a Cannes e prime emozioni. Di quelle che (non) si possono raccontare. Poco dopo essere arrivato sulla Croisette ieri sera, sono immediatamente salito in camera e ho indossato lo smoking. L’ultima volta lo avevo fatto per il mio matrimonio. Poi, io e il distributore e co-produttore del mio documentario Close encounters with Vilmos Zsigmond, Marc Olry di Lost Film – che tanto ha fatto per il mio film –  siamo andati sulla spiaggia del Majestic dove la festa ufficiale ha accolto gli amici di Cannes per una sera privata. La mia prima serata privata. Ne avevo sentito parlare, le avevo immaginate, fantasticate queste feste private, ma mai vissute in prima persona.

E questa volta ho tutto: l’accredito giusto, l’invito giusto, il completo giusto. Davanti a noi il mare con il molo di legno dove campeggia la scritta Majestic e dove ci sono stand con ostriche, dolci e bibite a volontà. Poi, lungo la spiaggia, ecco apparire l’immensa tenda che ospita due sale su due livelli e un sacco di gente ben vestita tra cui qualche amico interessato al mio film. E poi, ecco spuntare Thierry Frémaux himself, il direttore del festival, che ha un occhio su tutto e tutti con la sua aria accogliente e molto semplice. Lo vado a ringraziare per l’invito del film qui a Cannes Classics, un regalo davvero allucinante per me e per il grande Vilmos Zsigmond, direttore della fotografia di film come Il cacciatore e Oscar per Incontri ravvicinati del terzo tipo, scomparso lo scorso gennaio. Frémaux mi guarda dritto negli occhi, mi ascolta con benevolenza poi mi dice: «Questa mattina ho incontrato Vittorio Storaro che mi ha detto che sta preparando un film su di lui». Rimango senza fiato. «Sì, sì, è vero», rispondo.

E, aggiungo: «Ma lei sa tutto». Frémaux mi guarda sorridendo «Beh…». Poco dopo, direzione Café Society, è l’ora della seconda proiezione della serata del film di Allen e con le nuove misure di sicurezze hanno deciso di chiudere l’entrata alla fila ben quarantacinque minuti prima dell’inizio e devo stare lì per non bucare l’appuntamento. Buio in sala, il carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns dal generico di Cannes risuona, le scale appaiono sullo schermo in mezzo agli applausi. Cominciano i titoli e sullo schermo appare un nome: Vittorio Storaro. E la storia continua.