CIAK BIZARRO! LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

0

DI MARCELLO GAROFALO 

C’è attualmente un film in sala che sta raccogliendo consensi unanimi da parte di tutti gli amanti del genere “weirdo-bizarro” (e non solo); stiamo parlando di Lo chiamavano Jeeg Robot, opera prima di Gabriele Mainetti, il quale dopo aver realizzato tre riusciti cortometraggi, ha dimostrato di essere in grado di dominare una materia molto complessa e delicata. Il film prende lo spunto di partenza da un titolo-cardine del “trash”, ovvero The Toxic Avenger (Lloyd Kaufman, Michel Herz, 1984), in cui il protagonista, un “nerd” imbranato finisce per accidenti in un bidone di sostanze radioattive e si trasforma in un mostro dalla smisurata potenza che, armato di ramazza, porta scompiglio in città. Nel film di Mainetti, ambientato a Roma, un ladruncolo sfigato per sfuggire alla polizia è costretto a immergersi nel Tevere e a contatto con dei bidoni sommersi, dai quali fuoriescono analoghe sostanze tossiche, conquista una forza sovrumana.

Da questa simile premessa, Lo chiamavano Jeeg Robot si sposta su binari autonomi, centrifugando con straordinaria freschezza narrativa il “crime movie” nostrano con le derive fumettistiche pop vintage, suggestioni musicali e catodiche anni Ottanta, violenza “grafica” da pulp fiction, effetti speciali casarecci (ma ben realizzati) e rabbiose malinconie esistenziali. Il risultato così soddisfacente è dovuto anche alla presenza di un terzetto di attori (Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli, Luca Marinelli) scelti molto bene e assai bravi, su cui svetta Marinelli nei panni dello “Zingaro”, un delinquente fuori di testa che canta e ascolta Anna Oxa, Nada e Loredana Berté, che si veste con un look glam di borgata, capace di usare un i-phone come arma per massacrare un suo scagnozzo e di fare molto molto di peggio, regalandoci un “villain” memorabile.

A lui l’ “onore” del che weirdo dici finale:
«Ma te l’immagini? Du’ figli de na’ supermignotta come noi? »

Si accomodi dunque chi non ne può più delle “problematiche” piccolo-borghesi pseudo-spiritose e pseudo-romantiche tanto care al cinema italiano dei nostri anni.

Lo chiamavano Jeeg Robot