#CIAKINVIAGGIO: PARIGI – I 5 FILM DA (RI)VEDERE

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Parigi non è il luogo ideale per una storia d’amore. Dimenticate la Parigi da cartolina, tra turisti incantati dalla Tour Eiffel e bohémien che passeggiano per le strade di Montmartre, tra flaneur metropolitani e intellettuali illuminati con una sciarpa rossa intorno al collo. A Parigi non incontrerete mai come per incanto Francis Scott Fitzgerald dopo la mezzanotte, e neppure Ernest Hemingway, Pablo Picasso o Paul Gauguin; non vi capiterà di avere a che fare con una Amélie Poulain, intenta a migliorare le vite degli altri, punendo gli sfruttatori e i prepotenti. Rimarrete certamente estasiati di fronte alla bellezza oggettiva della città, ma non vi troverete in un film di Woody Allen o di Jean-Pierre Jeunet. Molto più realisticamente, dovrete confrontarvi con una capitale dalle mille sfaccettature e contraddizioni, nella quale convivono razze, culture e religioni diverse, e che una buona fetta di grande cinema ha descritto dando risalto ai suoi personaggi più umili, ai clochard, agli emarginati e agli sconfitti.

Ecco a voi #CiakInViaggio a Parigi, i cinque film da (ri)vedere!

5 GLI AMANTI DEL PONT-NEUF (1991)Gli_amanti_del_pont-neuf
Leos Carax

Eccessiva e surreale storia d’amore tra un artista di strada mangiafuoco e una studentessa di Belle Arti con un occhio bendato per una grave malattia, sul ponte più antico di Parigi, il Pont-Neuf. L’ambizioso e visionario Leos Carax gira un mezzo capolavoro, vittima di innumerevoli disavventure produttive e della sua stessa smania di grandezza. Ciononostante, è un’opera generosissima e romantica, con un paio di sequenze dalla bellezza devastante: la visita notturna al Louvre, la furia piromane del protagonista contro i manifesti affissi in metropolitana che invitano la sua amata a tornare a casa. L’affresco di un’umanità derelitta, che rinuncia a ogni sorta di integrazione. Eccezionali Denis Lavant e una giovane e bella Juliette Binoche.

4 36 QUAI DES ORFEVRES (2004)xxx
Olivier Marchal

L’ex poliziotto Olivier Marchal recupera la tradizione del polar francese e offre a Daniel Auteuil e Gérard Depardieu uno scontro indimenticabile tra due individui perennemente sull’orlo del baratro, basato su invidia, vendetta e redenzione. Una Parigi ferita, sullo sfondo, conserva intatta la sua magniloquenza. Avvincente e sontuoso, parente stretto di James Gray e Michael Mann, gli altri due registi che hanno ridefinito gli archetipi del poliziesco nel nuovo millennio. Prima di True Detective. Fa parte di una trilogia, di cui il primo capitolo è Gangsters (2002) e il terzo L’ultima missione (2008). Il titolo si riferisce all’indirizzo della sede della polizia giudiziaria parigina.


3 IRREVERSIBLE (2002)irreversible
Gaspar Noé

Visione sadica, convulsa, conturbante. Film scandalo del Festival di Cannes 2002, fischiato e sbertucciato da una massa critica indignata di fronte alla sequenza dello stupro di Monica Bellucci, dodici minuti in apnea con cinepresa fissa e rasoterra. Ma Gaspar Noé ha un’idea di cinema coraggiosa e personale, sperimentale e anarchica: si inizia dalla fine del film, dalla disperazione violenta e vendicativa di un impressionante Vincent Cassel, e si risale all’indietro, quando sbocciavan le viole e si potevano mangiare anche le fragole. Per comprenderlo a apprezzarlo, bisogna avere un po’ di predisposizione per il masochismo ma anche amore passionale per la libertà d’espressione.

2 TUTTI I BATTITI DEL MIO CUORE (2005)tutti i battiti del mio cuore
Jacques Audiard

Clamoroso Romain Duris, qualche anno dopo L’appartamento spagnolo, nei panni di un ventottenne nervoso, dilaniato, spigoloso, che provoca sfratti ai danni di poveri e immigrati senza nessuna pietà. La macchina da presa di Jacques Audiard (Il profeta, Un sapore di ruggine e ossa) si muove con lui, facendone sentire i respiri affannati, impreziosendo le esplosioni di rabbia e gli scatti improvvisi di tenerezza. Si finisce a empatizzare e a riconoscersi con un protagonista sgradevole ma autentico, ribelle come tutti gli altri personaggi di questo meraviglioso cineasta. Il film chiude esattamente come apre, riflettendo su azioni che sono sempre e comunque compiute “nel nome del padre”.


1 L’ODIO (1995)l'odio
Mathieu Kassovitz

C’erano una volta un ebreo, un maghrebino e un africano… Cronaca di un giorno di ordinaria follia, che ribadisce con forza il distacco insormontabile tra banlieu e il centro di Parigi. Un cult assoluto, che ha anticipato la rivolta delle periferie, e ha descritto prima di altri il disagio etnico, sociale, culturale che le caratterizza. Trascinato da un bianco e nero visionario, L’odio è uno dei film simbolo degli anni Novanta, ed è diventato un punto di riferimento per tutti i movimenti anti-sistema successivi, generando una miriade di citazioni tratte dal film soprattutto nell’universo hip-hop. Senza moralismi né consolazioni, è la testimonianza del muro invalicabile che separa desiderio di integrazione e abuso di potere.

Emiliano Dal Toso