CULT MOVIE: AMICI MIEI

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 in tutti gli Uci Cinemas e nei The Space  Amici mieiNell’anno 1975, ci fu un film italiano che sbaragliò gli americani nella classifica degli incassi, almeno qui dalle nostre parti. Tanto per precisare: con i suoi 7 miliardi e mezzo e rotti di lire (alla rivalutazione: 26,198 milioni di euro), Amici miei si lasciò alle spalle titoli come – scusate se è poco – Lo squalo, Qualcuno volò sul nido del cuculo, I tre giorni del condor. Eppure, aldilà della sua comicità (irresistibile e carogna), il film appare ineluttabilmente e volontariamente pervaso da un’aura di morte, magari esorcizzata dalla risata, ma senza dubbio triste e lugubre. Questo per tante ragioni. La più generale era che, bene o male, Amici miei appartiene all’ultima stagione d’oro della Commedia all’Italiana, quella più nevrotica e crepuscolare, quelle che vede i suoi protagonisti, davanti e dietro la macchina da presa, consapevoli di invecchiare e battersi attraverso i personaggi contro la legge della natura, quella che si estinguerà lungo gli anni Ottanta.  

Ora Amici miei torna nelle sale in occasione del suo quarantennale in versione restaurata. Ma torniamo dunque al capolavoro e proviamo a “spiegarlo in sintesi”, per punti.

  Pietro GermiIl film nasce da un’idea diventata progetto di Pietro Germi. Amareggiato dalla vita e ormai molto malato, rendendosi conto che non avrebbe mai potuto realizzarlo, il regista di Signore e signori si rivolse all’amico Mario Monicelli per continuare l’impresa. In effetti Germi morì nel 1974, prima dell’uscita del film. Nei titoli di testa compare la scritta “un film di Pietro Germi” seguito dopo da “regia di Mario Monicelli”. Molti sostengono – compreso Gastone Moschin – che il titolo voglia proprio riferirsi all’addio di Germi al cinema: «amici miei, ci vedremo, io me ne vado».   Se vi chiedete quale sarebbe stata la differenza tra l’ipotetica versione del creatore e quella realizzata, ecco una risposta dello sceneggiatore Piero De Bernardi: «Io ho scritto un Amici miei per Germi ed era un copione di 330 pagine. Il povero Germi non riuscì a farlo e chiamò Monicelli, restando produttore. Il copione si assottigliò e dimagrì. Credo, di 80 pagine. Perché sono due modi proprio diversi. Germi perdeva anche degli effetti, ma riusciva a fare entrare tutto. Invece Monicelli predilige dei ritmi più lenti e cura molto di più».   Mario MonicelliLa differenza sostanziale narrativa però è un’altra. Ce la dice Monicelli: «Conoscevo bene i due sceneggiatori, Benvenuti e De Bernardi, ed eravamo tutti e tre toscani. Il film era ambientato a Bologna ma io dissi: “No, lo porto a Firenze. I modelli a cui ci siamo ispirati sono toscani, lo spirito è toscano, non vedo perché dobbiamo farlo a Bologna!” C’era allora la convinzione che l’umorismo toscano non facesse ridere, perché è un tipo di umorismo molto cattivo e pungente. Dopo il successo del film, sono spuntati fuori un sacco di toscani: da Benigni ai Giancattivi a Nuti e fu sfatata la leggenda che non si poteva far ridere in toscano».   Relativamente tribolata fu la scelta del cast. All’inizio Mastroianni avrebbe dovuto interpretare il nobile decaduto e Tognazzi il giornalista. Ma il divin Marcello declinò ritenendo che il suo ruolo fosse messo in ombra dagli altri, Monicelli allora la propose a Raimondo Vianello, ma anche lui rifiutò. Il ruolo passò – fortunatamente – così a Tognazzi, mentre al suo posto fu ingaggiato il sublime Philippe Noiret.   Amici mieiLa storia racconta di cinque amici ormai cinquant’enni (Lello Mascetti, Rambaldo Melandri, Giorgio Perozzi, Guido Necchi e l’ultimo arrivato, il professor Alfeo Sassaroli) che in qualche modo si rifiutano di invecchiare e che continuano a organizzare “zingarate” e scherzi più o meno feroci a scapito di tutti (ma anche tra loro). In effetti, aldilà delle burle, traspare la mediocrità e l’infelicità della vita quotidiana: la noia, i divorzi, le incomprensioni con i figli, la povertà (nel caso del conte Mascetti), l’egoismo meschino, i problemi vari con le eventuali amanti e alla fine anche l’incontro, nel caso del Perozzi, con sorella Morte.   Amici mieiTra i numeri più riusciti, oltre all’invenzione della “supercazzola”, lo scioglilingua composto da parole inventate con cui il conte Mascetti/Tognazzi confondeva e turlupinava i malcapitati (ma lo userà anche il Perotti/Noiret con il confessore sul letto di morte), quello dello scherzo alla stazione, ovvero lo schiaffo ai partenti. Secondo Tognazzi – ma non solo lui – era un episodio realmente accaduto (sosteneva anche di conoscere uno degli autori). Monicelli aveva un’opinione diversa: «È una di quelle storie che tutti raccontano, ma che girandolo ho verificato che era impossibile da fare, ho dovuto far modificare i finestrini e nonostante questo ho dovuto far chinare in avanti le comparse. Se poi sembra credibile è soprattutto perché ho reso la scena molto veloce, al montaggio. Al montaggio taglio molto, sempre». La scena – giustamente cult – fu ripresa e omaggiata: in Fantozzi alla riscossa, con la gag geniale di far schiaffeggiare dal ragioniere e co. i passeggeri di un treno – purtroppo per lui – in arrivo (!!) e in A spasso nel tempo con De Sica, Boldi e Messeri a prendere a ceffoni– siamo nel ‘400 – i partenti sulle carrozze a cavalli.   Amici miei Del successo clamoroso del film ne abbiamo accennato all’inizio. Tra l’altro piacque persino forse di più alla critica francese che non a quella italiana. Ad esempio Robert Benayoun su Positif lo definisce «meraviglioso», e parla, con notevole acume, del «derisorio epico» che impregna tutta «l’immensa Commedia all’Italiana», una «categoria sperimentata per la prima volta forse da Fellini ma che abbraccia registi come (anche) Risi, Comencini e Scola e si è cristallizzata su attori come Sordi, Tognazzi e Manfredi». In Italia nel 1976 si aggiudicò Due David di Donatello, al regista e a Tognazzi, 3 Nastri d’Argento (al produttore Andrea Rizzoli, al soggetto di Germi/Benvenuti/De Bernardi/Pinelli, alla sceneggiatura degli stessi). Inoltre un Globo d’oro come migliore attore rivelazione a Duilio Del Prete. Soprattutto prolificò. Il suo stile e le sue idee furono riprese da tanto cinema europeo e in Italia generò anche due sequel, il notevole Amici miei atto II nel 1982, ancora diretto da Monicelli con Renzo Montagnani al posto di Del Prete (che tra l’altro nel primo doppiava il personaggio di Noiret) e il triste e sbiadito Amici miei atto III, diretto nel 1985 da Nanni Loy.