“DOPO L’AMORE”: LA RECENSIONE

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L’economie du couple, Francia, 2016 Regia Joachim Lafosse Interpreti Bérénice Bejo, Cédric Kahn, Marthe Keller, Catherine Salée, Tibo Vandenborre Distribuzione BIM Durata 1h e 40’

Al cinema dal 19 gennaio 2017

Dopo quindici anni e due deliziose gemelle come figlie, Boris (cognome Marker) e Marie (cognome Barrault) vivono una crisi irreversibile, acuita dalle differenze economiche dei due. L’uomo lavora quando può e lo trova, la donna proviene da una famiglia della buona borghesia, la casa è sua e ogni tanto la madre Christine detta Babou vi arriva dando il suo contributo di affetto e tensione. Il fatto è che dovrebbero separarsi, ma dato lo status precario di Boris sono costretti a una convivenza sempre più tesa, e più difficile.

La casa è il centro, teatro di una disgregazione progressiva di tutto quello che aveva unito e cementato la famiglia. In Italia è distribuito con il titolo di Dopo l’amore (e ci sta), in originale però si intitola L’economia du couple, che decisamente lo inquadra di più. Perché quel che succede ai due umanissimi e stressati protagonisti è proprio quello che potrebbe accadere ed è a volte accaduto a tanta gente, un accumulo di atti mancati, rimpianti, risse banali e “inevitabili”, con i figli in mezzo che provano a non farsi coinvolgere.

Joachim Lafosse (belga classe 1975 di cui in Italia è stato distribuito il suo interessante Proprietà privata, nel 2006, con Isabelle Huppert) recupera materiali autobiografici all’interno di una scrittura molto realista e dialogata cui han contribuito Fanny Burdino e Mazarine Pingeot, più Thomas van Zuylen. In questo senso, la volontà di Dopo l’amore di essere storia comune lo rende forse un po’ succube del prevedibile (nei suoi sviluppi), ma il lavoro di regia e messa in scena, così costretto tutto (o quasi) nelle quattro mura e nella “suspence” della catastrofe dei sentimenti, è comunque rimarchevole (infatti è stato molto apprezzato all’ultimo Cannes, alla Quinzaine des Realizateurs).

Anche perché gli interpreti sono quanto più lontano dall’artificioso si possa temere: e non intendiamo solo riferirci a Bérénice Bejo (The Artist, Il Paradiso degli orchi) e Cédric Khan (noto anche come regista – tra gli altri – di La noia, Roberto Succo, Luci nella notte) o alla partecipazione di una ancor luminosa, nonostante gli anni, Marthe Keller (certo che da Il maratoneta e Fedora, molta acqua sotto i ponti è passata!), ma anche alle due bambine, Margaux e Jade Soentjens, naturali e spontanee come se fosse quella la loro vita quotidiana (e i personaggi che interpretano portano i loro stessi nomi).

 

Massimo Lastrucci

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