E SE LA PALMA D’ORO FOSSE DONNA?

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Una commedia tedesca riesce a fermare la frenesia di Cannes e far ridere tutti fino alla lacrime. Per giorni non si parla che di Maren Ade, quella regista tedesca di cui pochi sapevano il nome prima di vedere il suo terzo lungometraggio. Toni Erdmann segna un “momento inaudito” della 69a edizione secondo Le Monde, e qualcuno già parla di Palma d’Oro. Nessuna donna ha più vinto da quel 1993 che regalò per la prima e ultima volta l’ambito premio a Jane Campion per Lezioni di piano. Le altre due donne in concorso non hanno sortito lo stesso effetto in sala, eppure Andrea Arnold cercava di accarezzare il desiderio di evasione con il road movie American Honey e Nicole Garcia ha avuto l’onore di inaugurare la galleria di ritratti femminili nella seconda metà del festival: Julieta di Almodovar, Clara di Kleber Mendonça Filho (Aquarius), la Personal Shopper di Olivier Assayas, La Fille inconnue dei Dardenne o di Elle di Verhoeven, fino alla Catherine di Juste la fin du monde. La 69a edizione si riempie di donne, ma solo da ammirare sul red carpet o sul grande schermo. Le registe, le uniche tre in concorso, hanno dunque una grande responsabilità. La Palma d’Oro a una donna per una commedia tedesca è davvero solo un sogno? 

LA SORPRESA DELL’IRONIA TEDESCA «Non solo lo humour tedesco esiste, ma potrebbe addirittura salvarti la vita», commenta Robbie Collin del Telegraph. Toni Erdmann è una fotografia dell’attualità, che con ironia dolce amara ci fa riflettere sulle prigioni del capitalismo e ci fa venir voglia di mandare tutto all’aria. È la storia di un padre giocherellone che vede sua figlia Inès triste e decide di aiutarla, a modo suo. Così si crea un personaggio, Toni Erdmann, e piomba nella vita ordinata e metodica della figlia che lavora come consulente a Bucarest. La trama è semplice ma fonda tutta la sua forza sui due personaggi che sono due attori di teatro, l’austriaco Peter Simonischek, 69 anni e la tedesca Sandra Hüller, 38. Alla fantasia e creatività burlesca del padre si contrappone la freddezza della figlia, rigida e apparentemente sprovvista di sentimenti. «Per te cos’è che vale la pena di vivere davvero?», chiede alla fine la figlia al padre sorpreso. Un crepa di umanità in un sistema disumano, in fondo, forse esiste. 
Con un riso liberatore Maren Ade ci fa guardare in faccia la vita che a volte non viviamo, così presi dal turbinìo del quotidiano. Sedici anni dopo la scoperta al Sundance del suo primo film, The Forest for the Trees, e sette dopo Alle Anderen, che ha vinto l’Orso d’Argento, la regista tedesca si mette alla prova in una rischiosa commedia che si è rivelata la sorpresa del festival.

EROINE CONTEMPORANEE Riflette sull’attualità anche la britannica Andrea Arnold, ma con un road movie americano che lascia la critica piuttosto scettica. Andrea Arnold «lascia il comando durante il viaggio», commenta Le Monde, definendolo la prima falla di un festival che si era annunciato molto promettente. American Honey segue la fuga di Star (Sasha Lane), un’adolescente cresciuta tra un padre pedofilo e una madre alcolizzata e drogata, che non vuole avere lo stesso destino dei genitori. Quando incontra in un supermercato Jake (Shia LaBeouf), che la invita a unirsi al suo gruppo, Star trova finalmente il modo di evadere dall’inferno familiare. Dopo Red Road, (2006), Fish Tank (2009), Wuthering Heights (2011), Andrea Arnold non sembra riuscire nel suo intento questa volta. Nonostante i paesaggi del sud degli States, la colonna sonora pop e R’n’B, il viaggio sembra così lungo e il film privo di emozioni. Ugualmente al di sotto delle aspettative, l’attrice e regista francese Nicole Garcia che adatta il romanzo Mal de Pierres di Milena Angus. Cambiando l’ambientazione dalla Sardegna alla Provenza degli anni ’50, Nicole Garcia fa rivivere attraverso Marion Cotillard l’eroine di tutti i tempi, da Madame Bovary a Adele H, nella storia di una donna che viene chiamata pazza solo per aver avuto il coraggio di sfidare la tradizione. 

Chissà se Cannes 2016 oserà sfidare la tradizione, assegnando un premio alla regista che dice di aver tanto amato. Chiaramente non prendiamocela solo con la Francia, negli Stati Uniti le donne dietro la macchina da presa sono appena il 3%. Ma davvero nessuna vale una Palma d’Oro?