EASTWOOD E IL WAR MOVIE: ALLA RICERCA DEL SOLDATO CLINT

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Gunny
Gunny

Su 60 film in cui compare come attore (comprese le apparizioni non accreditate), Clint Eastwood recita in divisa in soli 9 film (Francis in the Navy, 1955, Tarantola, 1955, Scialuppe in mare, 1956 – in questi due non accreditato – La squadriglia Lafayette, 1958, Dove osano le aquile, 1968, I guerrieri, 1970, Assassinio sull’Eiger, 1975, Firefox volpe di fuoco, 1982, Gunny, 1986) e poi come reduce in Gran Torino, 2008. Su 35 sue regie di lungometraggi, solo 6 possono essere estensivamente definiti war movies (Assassinio sull’Eiger, Firefox volpe di fuoco, Gunny, Flag or Our Fathers, 2006, Lettere da Iwo Jima, 2006, American Sniper), oltre al citato Gran Torino. Quindi non poi una così grande frequentazione col genere, anche se sembra non stonata e peregrina l’idea di un Eastwood a suo agio con il cinema di guerra, i suoi toni e magari anche i suoi cliché.

Sarà perché la fama di essere politicamente un falco repubblicano lo ha sempre accompagnato, indipendentemente dai fraintendimenti (che contengono sempre comunque una dose di verità) del suo Ispettore Callahan, considerato allora – nei radical ’70 – un po’ (tanto) fascista. Lui, interrogato, si è così espresso nel 1985 su Il manifesto: «Io ho sempre agito individualmente: conservatore su certi punti, liberal su altri ». In effetti, quando ha raccontato storie in cui avrebbe più esplicitamente potuto fare propaganda, partendo oltretutto da una posizione di star assoluta e osannata, ha preferito posizioni più articolate.

Firefox
Firefox

Sicuramente spiccio e poco dialettico in Firefox, lo è curiosamente molto di meno nel più potenzialmente pericoloso, almeno all’apparenza, Gunny, dove interpreta un sergentaccio sregolato e ubriacone istruttore dei marines e ansioso di pareggiare i conti con i rossi, dopo la Corea e il Vietnam, almeno a Grenada. Come ha scritto Jean-Michel Frodon, «Personaggi come il sergente Highway sono là per fare il loro lavoro e lo fanno, soprattutto il loro lavoro di personaggi del racconto, difensori patentati della legge e dell’ordine della finzione ». Quindi quasi una questione di funzione narrativa più che di simpatia ideologica.

In seguito altri suoi war movies rimescoleranno ulteriormente il quadro d’insieme; Flag or Our Fathers e Lettere da Iwo Jima rivedono infatti il mito americano dell’eroismo a stelle e strisce sul Pacifico, evidenziandone il lato spiacevolmente propagandistico e amaro il primo (nei confronti del protagonista nativo americano) e rivalutando l’umanità e la complessità morale dei nemici nel secondo, per anni ostracizzati sugli schermi (e nell’opinione pubblica) come feroci alieni che se la meritavano tutta. In Gran Torino poi mette in scena la solitudine triste e acida del reduce, razzista più per ignoranza e carattere ispido ma sufficientemente puro per riscattarsi. E anche l’ultimo American Sniper, se è sgradevole nel suo tralasciare (non trascurare, piuttosto non soffermandocisi troppo) la complessità del quadro e i dubbi che suscita, nondimeno prosegue indefesso nella sua pinacoteca di tipi eastwoodiani virili e un po’ borderline alla Gunny (all’epoca dichiarò, 1978: «Mi piacciono gli eroi di oggi con le loro debolezze e la loro mancanza di dirittura morale »: almeno per la prima parte si attaglia perfettamente sull’iperteso e macho Chris Kyle).

American Sniper
American Sniper

Stiamo così delineando il ritratto di una star/Autore per molti versi poco sintonizzato con il cliché che lo vorrebbe paladino/poliziotto d’America, nonostante la sua quasi naturale predisposizione di creatore/indossatore di personaggi virili, magari scarificati dalla vita. Forse perché stiamo parlando soprattutto di un cineasta per certi versi europeizzante, che ha affinato in carriera uno stile registico e produttivo ben riconoscibile e che predilige un’economia di forme e racconto («una combinazione di velocità e composizione »), perciò più antiretorico che enfatico.

Aggiungeremo che nella vita reale ha trascorso due anni di vita militare, abile e arruolato per la guerra in Corea, ma ritrovandosi, fortunatamente per lui, a fare l’istruttore di nuoto a Fort Ord, California, dove anzi viene notato (stiamo parlando della fine degli anni ’40/primi ’50 e lui è nato nel 1930 a San Francisco) da gente di Hollywood e incoraggiato a tentare la via del cinema. Inoltre da persona non aliena dal sense of humour, quando ha indossato la divisa in prodotti Hollywoodiani lo ha fatto per curiosità sportive, ovvero recitando e dirigendosi senza controfigura in scene pericolose nel war action su commissione Assassinio sull’Eiger o divertendosi in una avventura-parodia nel solco di Quella sporca dozzina (con lui effettivamente due reduci di quel successo come Telly Savalas e Donald Sutherland) con I guerrieri, di Brian G. Hutton, quasi una picaresca caccia a un tesoro nazista.

Massimo Lastrucci