Eduardo Casanova e i suoi corpi diversi: ecco chi è il nuovo “enfant prodige” spagnolo

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Una riflessione sui corpi che disegnano il nostro posto in una società che emargina chi è diverso, irregolare, difettoso. Un gesto di ribellione contro chi ci vuole “normali”. Mescolando provocazione, umorismo, melodramma e una sensualità dai toni sovversivi, il venticinquenne spagnolo Eduardo Casanova, nuovo enfant prodige della scena cinematografica mondiale, modella in Pieles (Skins), film prodotto da Alex de la Iglesia e Netflix, un mondo feroce tinto di rosa, dove la difformità diventa un oltraggio al comune senso del pudore.

Nel film, presentato all’ultima Berlinale, poi nella selezione ufficiale della 20a edizione del Festival di Malaga diretto da Juan Antonio Vigar (dal 17 al 26 marzo) e incluso nella ricca lista degli undicesimi Spanish Screenings ospitati per la prima volta nella città andalusa, alcune persone assai diverse tra loro hanno una cosa in comune: la malformazione. Chi è senza occhi, chi ha il volto dissestato, chi ha l’ano al posto della bocca. All’incrocio tra Pedro Almodovar e John Waters, Casanova da vita a nuovi freaks che dietro forme distorte nascondono però una profonda umanità. Occhi azzurrissimi, capelli biondo platino, Casanova ci racconta la sua opera prima arrivata dopo alcuni cortometraggi. «Sei italiana?» chiede. «Adoro Dario Argento, Lucio Fulci e Mario Bava. I film del terrore in Italia negli anni Settanta hanno cambiato la storia del cinema e a livello estetico hanno regalato dignità a questo genere. Suspiria è il mio giallo preferito, attendo con ansia il remake».

Il film sembra ambientato in una casa di bambola, eppure…

Mi sembra molto più interessante associare l’orrore al rosa, piuttosto che al nero o al rosso. Il senso che diamo ai colori è dettato dalle convenzioni sociali. È come quando vai in un centro commerciale dove tutto è rasserenante, ma dietro le merci ci sono i bambini che lavorano, oppure nella Corea del Nord dove tutto è solo apparentemente perfetto. C’è sempre orrore dietro la bellezza e bellezza nascosta nell’orribile.

Come sono nati questi personaggi?

Le malformazioni fisiche sono lo specchio di deformità interiori. Ma in fondo questi personaggi difettosi sono più liberi e sani di quelli normali. Dopo un po’ non fai più caso alla loro deformazione perché scopri un essere umano che vuole raccontarti una storia.

Anche la bellezza estrema può essere pericolosa per le donne, considerate alla stregua di oggetti.

Bellezza e felicità sono una dittatura. Ti obbligano a essere giovane, bella e felice, perché queste sono le donne che piacciono alla società. Donne che non danno problemi, non hanno opinioni né rivendicazioni. Nel mio film invece ci sono donne adulte che non corrispondono al tradizionale canone di bellezza, ma non per questo sono brutte.

È stato difficile produrre un film così rischioso?

Non possono proprio lamentarmi, sono riuscito a fare il film in un anno e mezzo, grazie ai miei produttori, Alex de la Iglesia e Netflix, e un cast che molti registi affermati mi invidiano.

Com’è stato lavorare con de la Iglesia?

Mi ha concesso totale libertà e se gli proponevo qualcosa di forte, lui mi spingeva ad andare ancora oltre, come in una scena chiave che vede protagonista la ragazza con l’ano al posto della bocca. Devo molto anche a sua moglie Carolina Bang, donna, madre, produttrice, attrice, giovane e bionda.

Si sta affacciando alla ribalta una nuova generazione di giovanissimi registi di grande talento.

Stiamo assistendo a un cambio generazionale, oggi si possono fare film con i cellulari, e i giovani sono più padroni delle nuove tecnologie. E stanno morendo i dinosauri. Prima per debuttare alla regia dovevi essere più vecchio, io ho cominciato a dirigere i miei cortometraggi a 17 anni, ho scritto Pieles a 23, l’ho diretto a 24. A 14 avevo già capito che la regia era la mia vita, ne ho bisogno come dell’aria.

Quali autori ti hanno ispirato?

Sinceramente mi interessano molto più Kubrick, Lynch, Welles, Almodovoar, Water, Meyer, Fassbinder, Solondz, Polanski, che Xavier Dolan o Damien Chazelle e il suo La La Land.

E c’è Freaks di Tod Browning…

Un film importantissimo per la storia del cinema che ha influenzato molto la mia vita. Pieles gli rende chiaramente omaggio.

Come descriveresti il cinema che piace oggi?

Un cinema dal montaggio rapido, che non ti costringe a pensare, pieno di fuochi artificiali, capace solo di intrattenerti. Oggi nessuno ama più riflettere.

Un cambiamento irreversibile?

La vera disgrazia è che in realtà niente cambia davvero, non succede mai niente. Tutti i cambiamenti che stiamo vivendo ci sono già strati, tutto è già accaduto e continua ad accadere, come dimostra il libro di cui mi sono appena innamorato, 1984 di George Orwell.

Alessandra De Luca

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