FABRICE LUCHINI PRESENTA “LA CORTE”: «LA FRANCIA È TRISTE, SENZA SPERANZA »

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Il celebre attore francese ha presentato a Roma La Corte, il film di Christian Vincent col quale ha vinto la Coppa Volpi a Venezia72, spaziando tra riflessioni su cinema e giustizia, ricordi personali e qualche aneddoto su Nanni Moretti

Fabrice Luchini
Fabrice Luchini in una scena de La Corte di Christian Vincent

Fabrice Luchini arriva in ritardo, vagamente infastidito, alla conferenza stampa che l’ha visto protagonista alla Casa del Cinema per la presentazione de La Corte, la pellicola di Christian Vincent che, oltre ad aggiudicarsi il Premio per la Migliore Sceneggiatura a Venezia72, ha regalato all’interprete quello come Migliore Attore per il ruolo di Michel Racine, inflessibile Presidente di una Corte di Assise francese temuto e mal sopportato dai suoi colleghi tra le aule del tribunale dove viene soprannominato il “giudice a due cifre” dato che ogni sua sentenza non scende sotto i dieci anni. «Mi scuso per il ritardo ma spero possiate capire che lasciare Parigi, dove lavoro quasi ogni sera in teatro e tornare a parlare di un film concluso ormai sei mesi fa non sia facile, inoltre soffro d’insonnia e ho preso un sonnifero che non mi ha fatto alzare all’ora esatta » esordisce l’attore che proprio la sera prima è stato protagonista di una proiezione speciale del film al Cinema Sacher di Nanni Moretti, il regista e attore, «vera star del cinema in Francia », del quale Luchini parlerà a più riprese nel corso della conferenza – «siamo stati a cena insieme e posso dire di essere riuscito a farlo ridere una o due volte » – della quale sarà indiscusso mattatore, tra momenti di entusiasmo e parentesi di noia.

Fabrice Luchini e Sidse Babett Knudsen
Fabrice Luchini e Sidse Babett Knudsen in una scena de La Corte di Christian Vincent

La Corte si svolge nella quasi totalità in un’aula di tribunale dove è in corso un processo ai danni di un giovane padre accusato di aver ucciso la figlia di pochi mesi e dove, tra i giurati, figura Ditte (Sidse Babett Knudsen), l’unica donna che l’uomo abbia mai profondamente amato. Uno sguardo , oltre che sul privato di un uomo, sulla giustizia e le sue innumerevoli sfumature. «Non ho un’opinione precisa sul tema nonostante il ruolo che interpreto. In Francia ci sono molte cose che non funzionano bene ma è ancora garantita la possibilità di difendersi » racconta l’attore che svela qualcosa in più sulla preparazione del suo personaggio: «Per prepararmi ho assistito al processo di un uomo accusato di aver strangolato il suo compagno. Appena lo vidi pensai fosse colpevole. Fortunatamente la sua difesa, anche se poi è stato condannato, non dipendeva da me e ha avuto diritto ad un processo. Un elemento importantissimo dato che viviamo in un’epoca caratterizzata dalla riduzione del dibattito ». Personaggio centrale nella narrazione filmica, Michel Racine, viene mostrato nella sua duplice natura di giudice scontroso e arrogante sul lavoro – quasi teatrale nel suo entrare in un’aula che ricorda il palcoscenico – e uomo triste, solo, sempre con un trolley pieno di documenti con sé e invisibile nel privato. Un cognome, Racine, «omaggio al drammaturgo francese voluto dal produttore Matthieu Tarot che ha avuto l’idea del film e con il quale onoriamo il teatro seicentesco ».

La Corte
Una scena del film La Corte di Christian Vincent

C’è ancora tempo per un parallelo tra il cinema francese e italiano – «In Francia si producono trecento film all’anno ma non è detto che tutti abbiamo qualcosa da dire », sentenzia Luchini, «Un tempo il cinema italiano era il più importante del mondo, poi l’orrore televisivo lo ha messo in ombra. In Francia abbiamo cercato di tutelarci da quel degrado » – e una riflessione amara sull’umorismo e la sua deriva, partendo da una «Francia triste, pessimista, senza speranza », che porta l’attore ad affermare: «Siamo schiacciati dall’umorismo. Tutto è derisione ma non c’è rottura con il reale e questo porta l’umorismo a diventare meccanico, istituzionalizzato, un’autorità statale sinistra ». Dopo aver ricordato le estati in famiglia nel paese d’origine dei suoi genitori – «La nostra non era un’Italia culturale. Nostro padre ci portava sulla Costa Adriatica attraversando Francia e Svizzera in macchina in due giorni » – e mostrato scetticismo sulla classe politica francese – «Dopo Georges Pompidou, che scrisse un’antologia di poesie, non credo che i nostri politici si siano mai dilettati con la poesia » – Fabrice Luchini, come il suo personaggio, si allontana dalla scena.

 

Manuela Santacatterina