IL GRANDE CINEMA A VENEZIA 72

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 Logo Ciak In MostraCIAK IN MOSTRA: DA TAVARNIER A MONICELLI, I GRANDI CLASSICI DI VENEZIA 72 

DI PAOLO MEREGHETTI

 

La vita e niente altro
“La vita e niente altro” di Bertrand Tavernier

Per festeggiare il Leone d’oro alla carriera a Bertrand Tavernier, la Mostra – che pure proietterà al Lido il suo film La vita e niente altro – ha dato al regista francese una “carta bianca” perché scegliesse quattro film del passato (adesso si dice, più correttamente, “del patrimonio”) che introdurrà personalmente prima delle proiezioni veneziane. E se c’è l’amatissimo (da Tavernier. E non solo) Scala al paradiso di Powell e Pressburger, saranno sicuramente una sorpresa per molti Zampe bianche di Grémillon, Viva la vita di Fejös e La lupa di Lattuada, titoli questi ultimi tre sicuramente poco presenti nei tradizionali elenchi dei capolavori di tutti i tempi. Più interessante però sottolineare l’originalità dell’iniziativa che per la prima volta offre ad un Leone alla carriera la possibilità di condividere col pubblico i propri piaceri cinematografici, soprattutto da parte di un regista la cui passione cinefila e cultura enciclopedica (tiene un blog in francese dove regala suggerimenti, proposte e idee di visione e di lettura: https:// www.tavernier.blog.sacd.fr/) hanno letteralmente contribuito a riscrivere la storia del cinema.

Il cielo può attenderе
“Il cielo può attenderе” di Ernst Lubitsch

Perché è proprio questo il punto: rivedere i film del passato non è solo una mania da vecchi nostalgici ma il modo migliore per capire davvero cos’è il cinema, quali sono le sue potenzialità e dove può andare in futuro.Non è solo questione di memoria cinematografica, per recuperare un passato che la fretta tecnologica rischia di seppellire ogni giorno di più. È proprio questione di cinema e della sua lettura, di “visionarietà” verrebbe da dire, nel senso che solo il confronto con quello che è stato può permettere di misurare il nuovo, indirizzandoci verso orizzonti inesplorati. Solo sapendo quello che abbiamo alle spalle possiamo cercare percorsi e scenari davvero inediti e stimolanti. Altrimenti rischiamo di restare prigionieri di un immaginario a senso unico, quello che qualche professionista del marketing propina con l’ennesimo sequel premasticato e predigerito. E con cui la nostra forza visiva si affievolisce (perché sempre uguale a se stessa) anziché crescere e potenziarsi. A Venezia sarà possibile vedere – in copie impeccabili, impeccabilmente proiettate: non dimentichiamolo mai – una serie di opere di cui forse si conoscono più i titoli che i film stessi. Il Museo del cinema di Torino con la Cineteca di Bologna presentano I Mostri di Risi, il Csc – Cineteca Nazionale Vogliamo i colonnelli di Monicelli, la Cineteca di Bologna Amarcord di Fellini, Roma e Bologna insieme hanno restaurato Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, la Cinémathèque Royal de Belgique I ragazzi di Feng-kueil di Hsiao-hsien Hou, la giapponese Toho Barbarossa di Kurosava, la Film Foundation Il cielo può attendere di Lubitsch, Studiocanal Léon Morin prete di Melville, la Sony Dormire con rabbia di Charles Burnett e l’elenco non si ferma qui… Capolavori conosciuti o dimenticati, film d’autore o di genere, parlati o muti, in bianco e nero o a colori, occidentali o orientali (andate a vedere l’indiano Pyaasa di Guru Dutt, anche lui in programma a Venezia, e ditemi se non è una straordinaria “scoperta”), ognuno con un modo diverso di utilizzare le risorse offerte dal cinema, di coinvolgere lo spettatore, di entrare in dialettica con la sua intelligenza, di sorprenderlo, di commuoverlo o divertirlo. Ognuno capace di ricordarci che cos’è davvero il cinema e che straordinarie potenzialità possiede.