IL SUONO DI “GOMORRA”

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Cupo, potente, oscuro. Un magma sonoro che affascina e opprime, due minuti e quaranta secondi di pura ipnosi, un’ossessione sonora che si pianta tra testa e orecchie per non lasciare più lo spettatore: tra i (molti) punti di forza della seconda stagione di Gomorra c’è Doomed To Live, la sigla, un pezzo firmato dai Mokadelic, quintetto romano attivo dai primi anni Duemila che dal 2008 – anno di Come Dio Comanda di Gabriele Salvatores – si cimenta spesso e volentieri con colonne sonore per cinema e tv, tra ACAB – All cops are bastards alla prima stagione di Gomorra.

Ma com’è stato l’approccio a questa seconda stagione di Gomorra? Eravate preoccupati di riuscire a creare qualcosa di nuovo che non ripetesse per forza di cose i temi della prima stagione? 

«Eravamo incuriositi di come il direttore artistico della serie, Stefano Sollima, avrebbe voluto impostare la lavorazione. Per noi era una novità, essendo Gomorra il nostro primo approccio alla serialità, quindi con spirito di apertura e senza preoccupazioni, abbiamo accettato la sfida della seconda stagione dialogando con Stefano. Per mantenere coerenza con la prima stagione, richiamarne le sensazioni evocate e creare nello spettatore una memoria sonora abbiamo lavorato a remix delle musiche di Gomorra, elaborando delle long versions, sviluppando i suoni e destrutturando le parti senza far perdere l’identità delle musiche».

Ma qual è l’iter della scrittura dello score? Partite dalla sceneggiatura, da qualche immagini, dai dialoghi con i registi?

«Ogni colonna sonora è un mondo a parte. Tutto dipende da cosa vuole il regista e quale ruolo vuole dare alle musiche. Per Gomorra l’idea di Stefano è stata da subito chiara: nessun tappetone sonoro o commento simile a quelli che vengono utilizzati nelle fiction. La musica avrebbe dovuto avere un ruolo di impatto tale da valorizzare sia la sua presenza sia anche, nei momenti della sua assenza, i suoni naturali dell’ambiente. La lavorazione è cominciata a riprese già iniziate, dopo la visione di una versione non definitiva della prima puntata della prima stagione. Da quel momento in poi, visto che le riprese erano a metà, il processo è stato parallelo: a volte vedevamo immagini che ci ispiravano, a volte davamo noi temi che venivano utilizzati dal montatore, Patrizio Marone. Anche con gli altri registi c’è stato un confronto su cosa sarebbe stato utile e sono stati creati dei temi in base alle loro esigenze».

Com’è nata la sigla, Doomed To Live, ormai diventata un’ ossessione sonora?

«Ossessione sonora è un termine molto divertente, non lo avevamo ancora sentito. Doomed To Live è nato dopo aver visto le prime immagini di Gomorra 2, da cui traspariva la potenza, l’inquietudine, la non linearità dei mondi interiori dei personaggi e dell’evoluzione delle loro storie. Partendo da questa sensazione abbiamo lavorato utilizzando poche tracce, mantenendo ordine e razionalità, andando a restituire un’idea melodica riconoscibile e un suono che da un lato era caldo e dall’altro acido, tenendo in equilibrio elementi distanti tra loro. La volontà di utilizzarla in ogni fine episodio ci è sembrata originale e, col senno di poi, riuscita visto che in noi per primi all’arrivo delle ultime immagini di ogni puntata accade sempre qualcosa a livello emotivo…».

Siete sorpresi dell’enorme successo che la serie ha riscosso non solo in Italia, ma anche all’estero?

«Sì, grande stupore e grande piacere. La serie è stata prima demonizzata dall’informazione, con molti preconcetti, poi positivamente recensita anche a livello internazionale per la qualità e il metodo di lavoro utilizzato, elementi che hanno di fatto riportato la fiction italiana ai livelli di importanti serie internazionali. Si è quindi ricominciato a parlare positivamente di televisione italiana all’estero».

A quindici anni dalla fondazione dei Mokadelic e a otto dalla prima colonna sonora importante con Gabriele Salvatores e il suo Come Dio comanda, quanto siete cambiati a livello sonoro?

«Il percorso con il cinema e con la tv è stato importante e entusiasmante. Abbiamo avuto la fortuna di lavorare con registi che ci hanno dato tanto, a cui abbiamo dato molto e che ci hanno stimolato anche sotto il profilo del suono. Anni fa non avremmo mai pensato di cimentarci con l’elettronica, mentre da ACAB – All Cops Are Bastards in poi si è aperto per noi, attraverso l’elettronica, un nuovo modo di veicolare la creatività che ha visto in Gomorra – La serie il momento più intenso».

Chi sono i vostri compositori di riferimento? E, inevitabilmente, i gruppi di riferimento, visto che partite dal post-rock…

«Il post-rock è stato una folgorazione che si sposava a un certo nostro modo di vivere la musica. Certo, ci sono dei riferimenti ma poi si va oltre: Pink Floyd, Joy Division, Led Zeppelin ma anche Mogwai, Sigur Ros, Motorpsycho e Ludovico Einaudi».

Prossimi progetti dei Mokadelic?

«Il 17 giugno uscirà il nostro nuovo album, Chronicles, che racchiude l’evoluzione del nostro suono negli ultimi anni. Sarà diviso in due volumi, uno di ispirazione rock e uno dall’atmosfera più elettronica. Sarà un momento molto importante, è il nostro primo album svincolato dal cinema o dalla televisione e sarà totalmente autoprodotto. E poi? Si suonerà dal vivo. Finalmente». (www.mokadelic.com)