IRISH FILM FESTA: INTERVISTA A LENNY ABRAHAMSON, IL REGISTA DI “FRANK”

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INTERVISTA A LENNY ABRAHAMSON, IL REGISTA DI “FRANK”Giunto alla sua ottava edizione l’Irish Film Festa si è confermato anche quest’anno appuntamento imperdibile per far conosce al pubblico uno spaccato del cinema irlandese contemporaneo. Un programma ricco e variegato del quale i numerosi spettatori accorsi alla Casa del Cinema hanno potuto godere gratuitamente per tutta la durata del Festival. Tra documentari (A City Dreaming), una sezione speciale in lingua gaelica, il concorso dedicato ai corti e l’incontro con esponenti del cinema irlandese, dagli attori Adrian Dunbar e Moe Dunford (Vikings) al regista Terry McMahon (Patrick’s Day), l’Irish Film Festa ha inoltre proiettato un gioiello dell’animazione candidato all’ultima edizione degli Academy Awards e ancora senza distribuzione nel nostro Paese, Song of the Sea di Tomm Moore. Ospite d’onore di quest’edizione Lenny Abrahamson, il regista di Adam e Paul, Garage e What Richard Did. L’abbiamo intervistato per parlare con lui di Frank, commedia musicale on the road dalle sfumature malinconiche, sua ultima pellicola presentata al Sundance Film Festival, e proiettata nella serata conclusiva del Festival.

Jon sembra pensare che la fama e il talento siano la stessa cosa. È figlio della nostra generazione, ossessionato da follower e like.  È corretto affermare che in Frank hai cercato, attraverso questo personaggio, di mostrare il lato oscuro dei social network come Twitter o l’aspetto negativo della viralità che accompagna Youtube?

Quando io, Jon Ronson e Peter Straughan abbiamo iniziato a scrivere il film abbiamo discusso molto del personaggio di Jon e di quale sarebbe dovuto essere il suo viaggio all’interno del film. Ancor prima di parlare dei social media eravamo interessati proprio all’idea legata alla disperataINTERVISTA A LENNY ABRAHAMSON, IL REGISTA DI “FRANK” ricerca delle persone di fama e celebrità e alla confusione che si è creata intorno al concetto di talento, a come ormai sembri che il lavoro o l’opera in sé non siano importanti quanto piuttosto l’impegno messo per raggiungere un obiettivo. La nostra cultura ormai è così ossessionata dalla fama al punto tale che le persone non si rendono più conto di non avere nessun talento e proseguono senza sosta verso un traguardo che non arriverà mai.

La band di Frank è misteriosa, il loro sound tutt’altro che commerciale, addirittura il loro nome, Soronprbf, è impronunciabile, proprio a sottolineare come non cerchino la fama ma vogliano solamente suonare. Quando hanno l’occasione di partecipare ad un’importante festival di musica Clara è l’unico personaggio che capisce come quel luogo non sia il posto adatto a loro, specialmente per Frank? Cosa lo spinge quindi a seguire Jon?

Frank è un’entusiasta e quello che Clara capisce è che bisogna fare attenzione con lui. Frank è così emozionato all’idea di andare al South by Southwest Festival perchè vuole comunicare con le persone, vuole condividere la sua musica con loro e questa è una cosa positiva. Ma Clara sa che non è abbastanza forte psicologicamente per avere a che fare con tutte le cose che potrebbero succedere se veramente raggiungessero il successo. Jon non fa altro che alimentare questo desiderio in Frank solo per ricevere qualcosa indietro e il tutto diventa una sorta di battaglia tra lui e Clara per lui. Frank è naïve e pensa che diventare famosi significhi solo raggiungere un gran numero di persone alle quali piaccia quello che fa, è come un bambino.

INTERVISTA A LENNY ABRAHAMSON, IL REGISTA DI “FRANK”Infatti Frank è davvero una persona cordiale ma anche un vero genio della musica che ha però dei seri problemi. Indossa costantemente una maschera, omaggio a Frank Sidebottom da cui la storia prende spunto, perchè non vuole mostrare il suo volto e si muove a metà strada tra Daniel Johnston e Ian Curtis. Jon è convinto che il suo talento derivi proprio dai suoi tormenti e da un’infanzia dolorosa ma in realtà, come gli spiegano i genitori di Frank, la sua malattia non ha nulla a che vedere con il suo genio. Hai voluto distruggere il cliché romantico della rock star sofferente che trae ispirazione dai suoi demoni per creare arte?

Credo sia vero che molte persone creative abbaino anche dei problemi ma è anche vero che molte persone che non hanno un lato artistico abbiano ugualmente un buon numero di problemi. L’idea che la malattia mentale e il talento siano la stessa cosa, che percorrano la stessa strada credo non sia vera e romanza la vita di chi realmente ha delle difficoltà. Penso che Jon creda a tutti i cliché sulla creatività, dal concetto di “X Factor” per il quale se lavori sodo ottieni tutto quello che vuoi al fatto che se hai un’infanzia tormentata sarai in grado di trovare maggiore ispirazione. Il fatto è che la vita è così brutale e avere o meno talento è la stessa cosa perchè, per come la vedo io, il mondo non si cura di noi, va avanti e sono convinto che capirlo sia salutare e liberatorio.

Il tuo è un film pieno di colori e anche le scene immerse nei paesaggi della campagna irlandese sono visivamente potenti. Sono un prolungamento del carattere di Frank?INTERVISTA A LENNY ABRAHAMSON, IL REGISTA DI “FRANK”

Sì, assolutamente. L’idea di andare in mezzo alla natura per creare è un qualcosa che funziona in due direzioni. Da una parte coincide con l’idea stereotipata di Jon di creare musica in un posto cool, un po’ come i Rolling Stone in Francia, ma poi si rende conto di essere odiato dagli altri componenti della band e si sente isolato ma è anche un luogo bellissimo e incontaminato che coincide con la purezza dello spirito di Frank.

Quanto è stato difficile filmare e registrare live le performance della band? I testi delle canzoni dei Soronprbf sono scritti da te, mentre le musiche da Stephen Rennicks. Avete lavorato insieme o è stata prima scritta la partitura e poi aggiunti i testi?

Abbiamo scritto la partitura originale e i testi contemporaneamente e ci siamo scambiati i nostri rispettivi materiali. Inoltre abbiamo spesso lavorato fianco a fianco e abbiamo cercato di scrivere delle musiche che potessero essere eseguite dagli attori. Registrare e filmare allo stesso tempo è stato terribile perchè bisognava far funzionare la scena ma al tempo stesso registrare al meglio la musica e la cosa alla quale tenevamo di più era fare in modo che tutto sembrasse reale così che la band fosse realmente tale nonostante la finzione scenica.

Prima di iniziare le riprese hai dato delle linee guida a Michael Fassbender per interpretare Frank o lo hai lasciato libero di creare da zero il suo personaggio?

INTERVISTA A LENNY ABRAHAMSON, IL REGISTA DI “FRANK”Entrambe le cose in realtà. Prima dell’inizio delle riprese abbiamo parlato molto del suo personaggio, della sua voce e della sceneggiatura ma un vero attore porta sempre altro con sé e sta al regista fare in modo che tutto funzioni. Scegliere Michael credo che abbia permesso a Frank di essere un personaggio molto più interessante perchè non si limita ad essere una sorta di bambino come Michael Jackson. Grazie al corpo muscoloso e al suo modo pazzo e tirannico di comportarsi, alla Captain Beefheart, Fassbender da a Frank delle sfumature energiche che modula nel corso di tutto il film rendendolo molto più complesso.

 

Manuela Santacatterina