“JACKIE” IN TRE DOMANDE

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Accolto con applausi scroscianti e critiche più che positive, Jackie di Pablo Larrain per molti potrebbe addirittura essere il Leone d’oro di questa 73esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Il film è un biopic non convenzionale che racconta i terribili momenti vissuti dalla first lady Jackie Kennedy, dal momento dell’assassinio del marito fino al giorno del funerale. Natalie Portman è volata al Lido insieme al regista, ecco quello che ci ha raccontato del film.

Perché scegliere Natalie?

Pablo Larrain: è un invito che ho ricevuto da Darren Aronofsky, che era nella giuria del Festival di Berlino. Come sapete io non sono americano e nel mio paese non siamo legati a questa storia come lo sono in America, ma mi è sembrata una vicenda molto intrigante, l’ho presa come una grande opportunità. Ricordo di aver letto un rapporto della commissione Warren (la commissione d’inchiesta parlamentare che doveva fare chiarezza sui fatti accaduti n.d.r.) che descriveva come era morto Kennedy e diceva che Jacqueline era seduta vicino a lui. Allora mi sono chiesto cosa sarebbe accaduto a mettersi al suo posto. In più era il mio primo film su un personaggio femminile, e avere Natalie come interprete è stata una grande possibilità.

Come è stato dover raccontare sia la parte della “Jackie pubblica” che quella della “Jackie privata”?

Natalie Portman: Ce ne siamo accorti subito vedendo i filmati d’epoca che ritraggono Jackie e ascoltando gli audio della sua voce: la sua presenza era completamente diversa in pubblico e in privato. Quando faceva un’intervista pubblica era più fredda e timida, il suo tono di voce si alzava, mentre negli audio delle sue discussioni private o in compagnia di un amico ha un tono e una qualità della voce completamente diverso. Fa parte del conflitto che si vive quando si è un simbolo. Pablo e lo sceneggiatore hanno reso questo fatto benissimo.

Pablo Larrain: Uno dei problemi di un film come questo è che si hanno accesso a tantissimi materiali ufficiali, in cui il personaggio ha un comportamento istituzionale, ma ci sono moltissime cose che accadono a porte chiuse. Noi abbiamo cercato proprio di infilare una camera dietro queste porte, e creare una fiction, una storia. Credo che Jackie fosse una persona molto misteriosa, probabilmente è uno dei personaggi più sconosciuti tra quelli più conosciuti al mondo. Era una grande sfida utilizzare il cinema per arrivare a lei, alla sua paradossale miscela di emozione e mistero. Abbiamo cercato di fare qualcosa che costringesse il pubblico a completare quello che non diciamo nel film. Natalie è perfetta perché alla fine del film non si capisce davvero chi era Jackie, e credo che questa sia una cosa bellissima. Anche per questo il film ha una struttura particolare, che è quella più emozionale possibile, un tentativo di entrare nel suo mondo.

È stato il ruolo più difficile della carriera della Natalie Portman?

Natalie Portman: È stato di certo il più pericoloso, perché tutti sanno come era lei, che voce aveva, come camminava, e tutti hanno una loro idea. Io non avevo mai interpretato un personaggio conosciuto, e avevo paura si potessero fare dei confronti con la vera lei, soprattutto nelle scene all’interno della casa bianca, in cui si potrebbe confrontare l’originale con quello fatto da me. Non ho mai pensato di essere una grande imitatrice, ma ho cercato di fare del mio meglio e arrivare a qualcosa che la gente potesse accettare, ma è inevitabile che nel film ci sei sempre anche tu.