LA STORIA D’ITALIA ATTRAVERSO I MANIFESTI DEL FESTIVAL DI VENEZIA

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Logo Ciak In MostraCIAK IN MOSTRA: CINEMA E CAMBIAMENTI STORICI ATTRAVERSO I MANIFESTI DEL FESTIVAL DI VENEZIA

 

Dalla prima, storica edizione fino all’ultima ”disegnata” da Simone Massi, andiamo a scoprire la storia d’Italia attraverso i manifesti più belli della Mostra Cinematografica di Venezia.

Amati, odiati, discussi, copiati, collezionati, ricordati. I manifesti della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia sono delle vere e proprie opere d’arte, che accompagnano, in quel della Laguna, cinefili, appassionati e addetti ai lavori. Infatti, tra i canali, fino al Palazzo del Cinema, i colorati poster risaltano sui muri, sui famigerati traghetti e per tutto il Lungo Mare che sfocia, direttamente, sul red carpet. Un vero e proprio colpo d’occhio, quest’anno – come per le precedenti due edizioni – realizzato dall’artista italiano Simone Massi, che nel manifesto della 72. Mostra di Venezia racchiude due grandi capolavori del cinema mondiale: sullo sfondo il piccolo Jean-Pierre Léaud de I 400 Colpi di Francois Truffaut e Paris, Texas di Wim Wenders, con Nastassja Kinski in primo piano. Ma, oltre che ornare Venezia per tutti i dieci giorni del Festival, i manifesti sono veri e propri specchi del tempo, delle edizioni e dell’epoche correnti, utili per capire le tendenze e le nuove realtà sia artistiche sia cinematografiche.

Dunque, anno dopo anno, decennio dopo decenni, partendo dal primo, storico (e introvabile!) manifesto, andiamo a scoprire i più belli, i più rappresentativi e i più significativi, ricordando e citando i delicati passaggi storici che hanno accompagnato la Mostra del Cinema di Venezia e l’Italia intera.

LA 1ª EDIZIONE DEL 1932 E GLI ANNI TRENTA 

Manifesto 1932Svoltasi sulla terrazza dell’Hotel Excelsior, cornice tutt’oggi di glamour e star, la 1. Mostra del Cinema di Venezia non è nata come competizione vera e propria, bensì come vetrina e sfilata di attori, attrici e ”films inediti” dell’epoca. Il primo e storico manifesto conteneva tutti gli elementi chiave di Venezia: il Leone di Piazza San Marco, le gondole stilizzate e, sullo sfondo, il profilo della Basilica di San Giorgio Maggiore. In primo piano, l’enorme bobina cinematografica. Invece, il carattere utilizzato, il font ”Mostra”, era già quello dell’Era Fascista. Molto bello il manifesto del ’34, ”incorniciato” da una pellicola e con il profilo tratteggiato di una donna che ”contiene” tutta la bellezza di Venezia. Si può notare, in alto a destra, il Fascio Littorio, simbolo che accompagnerà la mostra fino al ’44. Futurista il manifesto del ’36, con l’ormai standardizzata scritta ”riduzioni ferroviarie” e con al centro una gondola che trasporta il mondo avvolto da una pellicola. Movimento, modernità, disegno stilizzato e meccanico. Tratti peculiari di Marinetti, Boccioni e Carrà.

 

L’ERA FASCISTA E GLI ANNI QUARANTA 

Manifesto 1940In piena Seconda Guerra Mondiale, la Mostra del Cinema di Venezia, per l’edizione del ’40, adottò uno dei manifesti più discussi della sua storia, che racchiude in sé numerose metafore. Per cominciare è quasi asettico, freddo, distaccato; al centro c’è un colonna di granito bianca, con sopra un Leone completamente nero. Non solo, perché il volto è arcigno, severo, cattivo, dominante. Va da sé il significato fascista, sottolineato dalla pellicola cinematografica, anch’essa nera, che sembra salire fino a su in cima. La vera novità arriva sei anni più tardi, quando l’Italia del Dopo Guerra cercava distrazione e rinascita. Il manifesto del 1946 infatti abbandonò i caratteri fascisti per concentrarsi su colori più tenui e rilassati. Al centro del pubblicitario, un grande cavalluccio marino che sbuca dal mare, tenendo in equilibrio un mondo raffigurato senza senza confini. Straordinario il manifesto del ’48. Moderno, colorato, fresco, frizzante. Non più italocentrico, ma ricco di richiami all’internazionalità (come dimostrano le bandierine a mo’ di pellicola) e con tutte le particolarità del boom economico (e delle nuove mode) che, pian piano, stava arrivando.

UN FESTIVAL INTERNAZIONALE E GLI ANNI CINQUANTA

Manifesto 1950Gli anni ’50, sono stati fondamentali per il cinema e per il Festival di Venezia. Infatti il Lido consacrò i nostri Fellini e Antonioni, grazie a Fronte del Porto mostrò al mondo Marlon Brando e ospitò enormi registi statunitensi: Wilder, Kazan, Aldrich. Una ventata d’aria nuova, aperta all’innovazione e sempre più affermata. Simbolo del cambiamento proprio il manifesto del 1950, con una pellicola che ha come frame centrale proprio Piazza San Marco, pronta per essere ammirata, sospirata e applaudita in tutto il mondo. Da menzionare anche i manifesti, tutti uguali, realizzati dal pittore italiano Gino Krayer per le edizioni del ’55, ’56 e ’57.

 

 

 

 

I TUMULTI POLITICI E GLI ANNI SESSANTA

Manifesto 1962Sfarzoso, opulento, fiorente il manifesto del ’62, con uno sfondo rosso veneziano (il colore verrà ripreso decenni dopo) e con un ornamento d’oro e barocco, campeggiato in cima dall’iconico Leone. Nel ’69, in occasione della 30ª edizione, il manifesto era bianco e minimalista, con linee e forme nere che, unite, ricordano il profilo di un occhio. Ma, tralasciando per un attimo i manifesti dei Sixties, vanno citate le numerose novità che hanno accompagnato la Mostra durante quegli anni: proprio nell’edizione del ’60 fu clamorosa (tutt’ora discussa) la vittoria di Il passaggio del Reno di Andre Cayatte a sfavore di Rocco e i suoi Fratelli, capolavoro di Luchino Visconti. Tra l’altro, molti e importanti registi italiani fecero le prime apparizioni proprio durante gli anni ’60, su tutti Bertolucci, Pasolini, i Taviani e Brass. Curiosità: dal ’69 e per altri nove anni, non furono assegnati i premi. Le agitazioni socio-politiche erano arrivate anche al Lido.

 

VERSO IL FUTURO E GLI ANNI SETTANTA

Manifesto 1970Tante le novità a partire dagli anni ’70, rafforzate dai manifesti sempre diversi. Quello del 1970 fu essenziale, ottico, ipnotico, con cerchi concentrici bianchi su sfondo nero. Uno dei più belli. Rivoluzionario e generazionale, anch’esso favoloso, il manifesto del 1979: c’è sì il Leone, ma questa volta, puntinato dai colori e mo’ di sequenza animata, spiega le ali e spicca il volo verso un metaforico futuro. Un futuro scritto dal direttore Carlo Lizzani che volle cancellare il controverso decennio dei ’70 (nel 73′, ’77 e ’78 non ci fu la Mostra) – nonostante l’arrivo in Laguna di Kubrick e Arancia Meccanica nel 1972 – per ”costruire” un Festival attuale, mondano e ricco di nomi.

 

 

 

 

UNA NOVITÀ COLORATA E GLI ANNI OTTANTA

Manifesto 1983Quel Leone in bianco e nero schizzato da macchie di vernice, lo ritroviamo nel manifesto del 1980, edizione anno che apre un’epoca di assoluto rilievo. Nel 1981 Spielberg portò fuori concorso I Predatori dell’Arca Perduta (tornando anche i due successivi capitoli), mentre un anno dopo tornò a Venezia con E.T.. Ma al Lido, oltre Spielberg, ci furono anche Ridley Scott con Blade Runner, Zelig di Woody Allen e Palombella Rossa di Moretti (fu inserito nella collaterale Settimana della Critica). L’Italia in quel periodo usciva dagli Anni di Piombo (culminata con la Strage di Bologna) e i pubblicitari della Mostra andarono a cogliere tutto il senso di innovazione culturale, figurativa e tecnologica. Il manifesto del ’83, 40ª Edizione, era, per così dire, pirotecnico. Granitico quello datato 1989, con un particolare del pavimento del Palazzo del Cinema, tanto discusso e contestato.

 

 

IL (NUOVO) LEONE E GLI ANNI NOVANTA

Manifesto 1996Nuova realtà, nuovi modi di comunicazione. La TV ormai ha invaso le case, i computer sono l’innovazione più importante dai tempi della scoperta della ruota e (ancora una volta) il cinema è cambiato drasticamente. Ma il Festival di Venezia riporta il ”classico” Leone al centro dell’evento e, naturalmente, al centro del manifesto. Simbolici i manifesti che vanno dal ’93 al ’95, con il Leone in diverse pose e colorazioni: placcato d’oro mentre svetta sull’edizione 50 nel ’93; al centro di un futuristico occhio nel ’94 (sullo sfondo una Venezia che ricorda quella ritratta nel manifesto del ’34) e un altro dei più apprezzati: ”prismatizzato” e vitale nel manifesto del 1995. Con un ”nuovo benessere” che sembra arrivato anche in Italia, a Venezia nei plastificati anni ’90, sono tutti alla ricerca dell’autografo (ben prima del selfie), perché sbarcano i divi per eccellenza: Harrison Ford, Bruce Willis, Nicole Kidman, Tom Hanks, Dustin Hoffman e Robert De Niro.

 

WWW.LABIENNALE.ORG E GLI ANNI DUEMILA

Manifesto 2001Il nuovo Millennio arriva anche al Lido di Venezia, ed ecco che per l’edizione 2001 il manifesto scelto pare ricordare la copertina di un libro, con un’immagine astratta che ha per protagoniste due figure femminili che si toccano e si incrociano. Per la prima volta, al lato del manifesto, compare il sito internet de La Biennale. Fatidicamente, nel 2001, la Mostra terminò tre giorni prima del punto di non ritorno dell’Epoca Moderna: l’11 Settembre. Un anno dopo, alla Mostra arrivò il progetto collettivo 11 settembre 2001, applaudito da pubblico e critica. Bello e ricordato il pubblicitario per le sessanta candeline che fonde, in un gioco di luci, il Leone ormai modernizzato con un enorme 60. Lo stesso Leone stilizzato tornò poi nel 2006, in un manifesto che suggeriva grandezza, autenticità e prestigio. Negli anni 2000, la Mostra ospitò alcuni dei più grandi attori contemporanei, vivendo una vera e propria epoca d’oro. Impreziositi da quattro, eccezionali Leoni alla Carriera: David Lynch, Tim Burton, Ermanno Olmi e John Lasseter.

IL POST-MODERNISMO E GLI ANNI 2010

Manifesto 2011Arrivati al post-modernismo attuale, prima delle edizioni curate da Simone Massi (2013, 2014 e, appunto, 2015) che ha realizzato anche la sigla antecedente alle proiezioni, la Mostra del Cinema di Venezia torna minimalista colorando l’interno Lido di rosso. Rosso veneziano. E proprio lo sfavillante pigmento faceva da padrone nei manifesti dal 2009 al 20011, con il logo del Festival al centro e una strada stilizzata, tono su tono, che spacca in tre il pubblicitario. Una strada che portò al Lido Fassbender, Paul Thomas Anderson, Kim Ki-duk e Alejandro González Iñárritu.

Damiano Panattoni