“L’inganno”: l’elegante ed esilarante psicodramma femminile di Sofia Coppola

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Nel 1999 aveva folgorato il Festival di Cannes con il suo film di esordio, Il giardino delle vergini suicide, storia della dolorosa ribellione di cinque sorelle contro un’assurda segregazione familiare negli anni Settanta. Diciotto anni dopo Sofia Coppola torna a rinchiudere un gruppo di donne in un interno isolato e protetto durante un periodo storico turbolento e di passaggio nel suo ultimo film, L’inganno, presentato in concorso e salutato da molti applausi dopo le cocenti delusioni degli ultimi giorni.

Remake de La notte brava del soldato Jonathan diretto da Don Siegel nel 1971, a sua volta tratto dal romanzo gotico di Thomas P. Cullinan del 1966, il film, girato in pellicola, racconta del caporale irlandese nordista John McBurney, ferito a una gamba durante un combattimento in Virginia nel bel mezzo della Guerra Civile americana, nel 1863, e trovato in un bosco da una ragazzina in cerca di funghi. Allieva in un collegio femminile del luogo, la piccola porta l’uomo con sé nell’istituto dove ormai sono rimaste solo in cinque.

Nonostante le iniziali resistenze, il nemico viene accolto e curato, ma finirà per scatenare una vera e propria spietata gara di seduzione in quel microcosmo femminile fino a quel momento dedito esclusivamente allo studio, al cucito e alla preghiera. La Coppola affida a Colin Farrell il ruolo dell’ospite inatteso che fu di Clint Eastwood, mentre il piccolo gineceo è composto da Nicole Kidman, Kristen Dunst, Elle Fanning, Angourie Rice e Oona Laurence. Se il film di Siegel offriva allo spettatore molti elementi in più per decifrare il contesto in cui la storia si svolge, L’inganno si concentra esclusivamente sulle dinamiche tra “donne prigioniere” di diverse età e temperamento, destinate a perdere la propria innocenza contendendosi con sottile ferocia ornata di sete, pizzi e ornamenti il medesimo immobile oggetto del desiderio in un elegante e spesso esilarante psicodramma al femminile, meno gotico ed erotico dell’originale, all’epoca tacciato anche di misoginia.

Se Farrell sostiene che rifare un film non significhi necessariamente rinunciare alla propria originalità, la Coppola precisa: «Il film di Siegel offre un punto di vista molto maschile, era raccontato dal punto di vista del caporale, per questo ho deciso di dimenticarlo e di tornare indietro al romanzo osservando la vicenda da un’altra prospettiva, quella delle donne».

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