LUC BESSON: LA MIA LUCY

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Luc BessonUn cesto pieno di frutta, un divano e un enorme schermo alla parete. «La trama la conosce, vero? », chiede Luc Besson in piedi nella sala montaggio degli studi della EuropaCorp, alla Cité du Cinéma di Parigi. «Adesso le mostrerò la mia Lucy ». Un’ora dopo la visione – folgorante – il regista attende Ciak in una stanza adiacente, pronto a raccogliere i primi commenti sul suo sedicesimo film, in uscita in Italia tra pochi giorni, il 25 settembre.

1. IL PASSATO «Non faccio questo mestiere per soldi, o per il bonifico dei produttori », alza le spalle Besson. «Fosse per quello, beh, le assicuro che avrei già smesso. Giro film per passione. Il cinema mi ha salvato la vita, probabilmente a quest’ora sarei già morto se non fossi riuscito a diventare regista ». E per spiegare Lucy, che prende le mosse dal caos di Taipei e da una ragazza senza ambizione (Scarlett Johansson), il regista comincia a raccontare di quando aveva diciassette anni, dei genitori – entrambi istruttori di sub – e del suo futuro da biologo marino, che pareva già scritto. «Era quello il mio destino, non riuscivo a immaginare altro, non avevo preso in considerazione altro. Poi arrivò un brutto incidente, un dottore mi disse che non avrei potuto più fare immersioni. Fine della storia. Non avevo la più pallida idea di cosa avrei fatto, fino a quando non arrivai su un set. E rimasi folgorato ».

2. IL PRESENTE Oggi Luc Besson ha cinquantacinque anni, una carriera di trenta stagioni alle spalle («Trent’anni? Grazie per avermelo fatto notare, se non lo sapevo stavo meglio ») e una serie di cult in archivio – da Nikita a Léon – che ogni tanto si rivede in televisione con i figli: «L’altra sera ho rivisto con Mao (ultimogenito di nove anni, nda) Léon. Devo dire che ha tenuto bene il passaggio del tempo, me lo sono goduto. Ecco, il mio obbiettivo è riuscire a girare pellicole di cui essere fiero tra vent’anni, quella è la mia missione. Il resto, dal successo di pubblico alla critica, conta relativamente. Ancora oggi, per esempio, sono molto fiero di uno dei miei lavori minori, Angel-A ». 

Lucy3. IL FUTURO Finita la frase si alza dalla poltrona, chiude la porta del balcone – sta piovendo – e poi si butta a capofitto nel racconto della genesi di Lucy, opera scritta, diretta e poi cucita attorno a Scarlett Johansson, che ha fruttato a Besson il suo maggior incasso americano: 123 milioni di dollari che, aggiunti ai 231 incassati nel resto del mondo fanno 354 milioni. Niente male per una pellicola che ne è costati 40. «Grande merito va a Scarlett che ha accettato la sfida. Non giri un film del genere se non vuoi superare i tuoi limiti di attrice, altrimenti cerchi qualcosa di più rassicurante. Le ho mandato la sceneggiatura e, dopo una telefonata, ha accettato. Mi ha colpito la sua attitudine, zero diva, grande lavoratrice che arriva sul set concentrata e cerca di dare il massimo. Durante le riprese che abbiamo fatto qui a Parigi, stava nella stanza a fianco a questa (indica il muro con la mano, nda). Si era attaccata al muro una serie di bigliettini per entrare meglio nel personaggio. Alla fine è riuscita a fare un lavoro incredibile ». La Johansson si è così trasformata in Lucy, universitaria americana persa tra feste e noia a Taiwan, fino a quando non entra in un giro sbagliato e si ritrova con un sacchetto di droga nella pancia, costretta a fare il corriere. Il problema è che la droga  le finirà nel corpo trasformandola in una superdonna.

4. UNA SCIMMIA L’incipt di Lucy è potentissimo, con le immagini della Johansson – assieme all’attore danese Pilou Asbæk – alternate a quelle di animali in cattività, in stile National Geographic, fino ad arrivare al lampo che dà il titolo al film, una scimmia femmina su un fiume, ovvero Lucy – un Australopithecus afarensis – vissuta 4 milioni di anni fa e i cui resti vennero trovati nel 1974, in Etiopia. «Visto dall’esterno Lucy può sembrare un film d’azione », prosegue Besson, «in realtà lo spunto era riflettere sull’evoluzione del cervello umano. Tutto inizia da una teoria secondo cui usiamo solo il 10% del cervello, mentre la maggior parte delle risorse non le sfruttiamo nemmeno. Mi sono chiesto: ma cosa succederebbe se invece qualcuno ci riuscisse? Ecco, quel qualcuno è Lucy, che nel film vedremo lentamente aumentare le proprie capacità intellettive con conseguenze impensabili ».

5. GLI AVENGERS Nel film, in cui – in una scena cruenta girata in un ospedale parigino, appare anche l’attore italiano Luca Angelettim – la Johansson diventa gradualmente una Wonder Woman, con una forza impressionante. Ma se pensate a un prolungamento della sua carriera Marvel dopo Avengers e Captain America 2, ci pensa Besson a fermare l’equivoco. «La sua è una forza mentale, non ha nulla a che vedere con quello, non è nemmeno nello stesso campo da gioco. Cosa penso dei cinecomics? Dipende di quali film Marvel parliamo. Iron Man ha un attore talmente forte – Robert Downey Jr. – che risulta sempre godibile, mentre se dovessi dire la mia opinione su Thor, beh, diciamo che mi interessa meno ».  

6. LA FIGLIA Il tempo concesso a Ciak sta per finire, sulla porta della stanza appare Virginie Silla, moglie del regista nonché produttrice, assieme a EuropaCorp, del film. Prima dei saluti e dei commenti rimane il tempo di una battuta: ma Lucy può essere considerata la figlia che altri due suoi personaggi – la Nikita di Anne Parillaud e il sicario Jean Reno di Léon – non hanno mai avuto? «No, no », scuote la testa, sorridendo. «Anche se i tempi potrebbero esserci (i due film sono dei primi anni Novanta, Lucy ha 23 anni, nda) ma Nikita e Léon si erano scelti quella vita, Lucy invece no, potrebbe essere chiunque di voi là fuori… »

 Andrea MorandiÂ