POPCORN DA HOLLYWOOD #4: TU VUO’ FA’ L’ITALIANO…

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DI MARCO GIOVANNINI

Anche se a Los Angeles non c’è mai stata una Little Italy come a New York, per una intera settimana, dal 13 al 18 novembre, Hollywood ha parlato italiano (con sottotitoli inglesi). Merito della rassegna Cinema Italian Style organizzata da Luce Cinecittà e dall’American Cinemathèque. Quest’anno, decima edizione, si è anche incrementato il gemellaggio con l’AFI Fest, il festival dell’American Film Insititute, prestigiosa scuola di cinema specializzata nella conservazione delle pellicole, che sta proprio sotto la collina di Griffith Park dove c’è l’Osservatorio. I cinefili ci vanno anche solo per visitare la location di Gioventù bruciata (dove James Dean fece un famoso duello rusticano con Corey Allen e alla fine del film abbracciò Sal Mineo morente ucciso dalla polizia) e rendere omaggio al bel busto di bronzo del proverbiale “ribelle senza causa”.
E visto che siamo in tema di monumenti, il pensiero non può non correre a Sophia Loren, impegnata in un tour mondiale di festeggiamento dei suoi 80 anni (prossima tappa il 5 dicembre a Sorrento, per Le giornate del cinema professionale). Ha scatenato una standing ovation all’inizio del Tributo che le ha dedicato l’AFI Fest e varie risate e applausi a scena aperta durante l’intervista con Rob Marshall, che l’aveva diretta in Nine e l’ha presentata come “donna dal cuore grande come l’Italia”. Si è fatta finalmente piena luce sullo storico incontro fra lei e Jayne Mansfield a un party del 1957, immortalato da una celebre foto del paparazzo Delmer Watson, in cui lo sguardo basito di Sophia è fisso sulla scollatura della collega. Invidia per una maggiorata più maggiorata di lei? Rimprovero per un vestito non proprio elegante? Macchè. «Il mio era uno sguardo di preoccupazione. Avevo paura che quel vestito scoppiasse da un momento all’altro e il suo seno mi cadesse nel piatto ». E, a sorpresa, è salita sul palco la colombiana Sofia Vergara, altra maggiorata, che quasi per scusarsi di aver imitato quella scena nel suo serial tv Modern Life, ha detto: «Ci sarà sempre solo una Sophia, e noi l’amiamo ieri, oggi e domani ». Dieci anni più di Sophia, 90, ha compiuto invece l’Istituto Luce, («il custode della memoria storica dell’Italia », lo definisce Roberto Cicutto, amministratore delegato e presidente di Luce Cinecittà) e vari corti d’autore montati con materiali del suo archivio hanno preceduto i film della rassegna, mentre documentari più lunghi sono stati proiettati dall’Istituto di cultura.
La settimana italiana era ospitata in due cinema storici della Cinemathèque: l’Egyptian, di Hollywood Boulevard (sede nel 1922 della prima premiere hollywoodiana: Robin Hood con Douglas Fairbanks), e l’Aero di Santa Monica (è del 1939). È servita anche per aiutare la corsa di Il capitale umano di Paolo Virzì, candidato italiano all’Oscar per il miglior film straniero. «Dopo l’Oscar a La grande bellezza di Sorrentino, tutti in Italia pretendono il bis. Come una squadra che ha vinto il mondiale e parte come favorita. Io cerco di spiegare che non sarà facile, ci sono 82 bei film in concorso, ma ci proveremo ». Tanto per dargli altra ansia da prestazione, in programma c’erano altri due ex Premi Oscar italiani: uno in persona, Giuseppe Tornatore che ha presentato la copia restaurata di Nuovo cinema paradiso (Oscar 1990) e una bella mostra di foto, bozzetti inediti delle scenografie di Andrea Crisanti, e dei costumi di Beatrice Bordone, poster di tutto il mondo e memorabilia (25 anni nel Paradiso del cinema), ospitata all’istituto di cultura italiano di Westwood. Dell’altro, invece, Gabriele Salvatores (Oscar 1992 per Mediterraneo), c’era il suo ultimo film, il documentario Italy in a Day, prodotto da Ridley Scott.
Matilde Giglioli, Francesco SciannaSuccesso personale di Matilde Gioli (Il capitale umano) sul tappeto rosso, paragonata dalla stampa americana a “una giovane Ornella Muti”. Spericolata intervista in un inglese “Benignesco” di Pif (La mafia uccide solo d’estate), che ha citato Il padrino, film sulla mafia del “collega Coppola”; “il collega Charlie Chaplin”, invece è servito a esemplificare il doppio lavoro di regista e attore. Perfetto, invece, l’inglese di Francesco Scianna (Allacciate le cinture), che ha espresso la speranza/desiderio di diventare un attore internazionale: ha appena fatto un film in Francia, ma punta all’ America. Applausi per il documentario Le cose belle di Agostino Ferrente e Giovanni Piperno. Il mix curato da Laura Delli Colli è una sintesi dei generi della buona stagione italiana ( c’erano anche Anime nere, Le meraviglie, Un ragazzo d’oro, Song ‘e Napule, Smetto quando voglio, In grazia di Dio). «Il comune denominatore, soprattutto agli occhi del pubblico americano, è il rapporto fra famiglia e società italiana, un tema da esportazione », spiega lei, annunciando per il futuro un probabile gemellaggio con San Francisco (quest’anno, dopo Los Angeles, la rassegna è andata a Seattle).

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