“ROGUE ONE – A STAR WARS STORY”: LA RECENSIONE

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Usa, 2016 Regia Gareth Edwards Interpreti Felicity Jones, Diego Luna, Mads Mikkelsen, Alan Tudyk, Ben Mendelsohn, Forest Whitaker, Donnie Yen, Jonathan Aris, Riz Ahmed, Genevieve O’Reilly, Jimmy Smits Distribuzione Walt Disney Durata 2h e 13′

In sala dal 15 dicembre

Ricordate la scritta che compare all’inizio del primo capitolo (oggi il quarto) della saga di Star Wars (ieri Guerre Stellari)? Recitava così: «Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… È un periodo di guerra civile. Navi spaziali ribelli, colpendo da una base segreta, hanno ottenuto la loro prima vittoria contro il malvagio Impero Galattico. Durante la battaglia, spie ribelli sono riuscite a rubare i piani segreti dell’Impero, la Morte Nera, una stazione spaziale corazzata di tale potenza da poter distruggere un intero pianeta. Inseguita dai biechi agenti dell’Impero, la Principessa Leila sfreccia verso casa a bordo della sua astronave stellare, custode dei piani rubati che possono salvare il suo popolo e ridare la libertà alla galassia…». Ecco, questa introduzione è praticamente il riassunto della storia di Rogue One – A Star Wars Story, primo spin off (ne sono previsti altri due) della celeberrima saga, episodio 3.5 che si colloca poco prima del capitolo Una nuova speranza, quello che abbiamo visto nel 1977. Diretto da Gareth Edwards e interpretato da un nuovo manipolo di eroi tra cui Felicity Jones, Diego Luna, Riz Ahmed, Madds Michelsen, Donnie Yen, Forest Whitaker, Jiang Wen, il film, che ha il compito di tenere al caldo i fan e di rendere meno spasmodica l’attesa del nuovo episodio in arrivo nel 2017, ha come immaginate pregi e difetti, ma non dispiacerà i puristi delle avventure spaziale immaginate da George Lucas, anche se il rischio del sacrilegio è sempre in agguato.

La parte debole del film sta tutta nei dialoghi, così legnosi, stereotipati e pedanti, in una parola poveri, da risultare inascoltabili. A causa delle battute che si scambiano, i personaggi sembrano troppo spesso dei veri e propri idioti. D’altra parte però questo capitolo intermedio, più adulto e dark, ha il pregio non solo di fare chiarezza su una parte della storia rimasta in un angolo cieco, ma soprattutto di stravolgere un po’ le rigide regole della saga mescolando anarchicamente le carte in tavola, “sporcando” e contaminando, sperimentando e rivoluzionando. Qui Lord Vader non è ancora la terrificante, irresistibile icona che vedremo in seguito, C-3PO e R2-D2 fanno una fugace apparizione, la giovane principessa Leila compare solo alla fine e non vi è traccia di Jedi. Con il campo ancora sgombro dai grandi protagonisti che il pubblico ama da quasi quarant’anni anni (compreso il compositore John Williams, sostituito da Michael Giacchino), Jyn Erso, Cassian Andor, Chirrut Îmwe, Baze Malbus, Bodhi Book, eroi quasi per caso, irregolari e dissacranti, mossi da grandi ideali e una forte speranza, hanno l’occasione per dimostrare ciò che sanno fare, soprattutto nella prima parte del film, la migliore, prima che la solita battaglia si rimpasti e si confonda con quelle precedenti.

Omaggi e citazioni si inseguono velocemente, tra western e noir, war movie e commedia, quest’ultima affidata al droide ribelle K2SO, che in quanto ancora poco sofisticato nella forma (soprattutto se lo paragonate alla nuova generazione Incontrata ne Il risveglio della forza) può anche permettersi il lusso di essere più caustico e insolente, quindi più contemporaneo. Ed è evidente che immagini di distruzione, soprattutto quelle della Morte Nera sperimentata su uno dei pianeti che finisce per avvolgersi su se stesso, non possono che rimandare a quelle che ci arrivano in questi giorni dalla Siria in ginocchio dopo anni di guerra e sofferenza e in cerca davvero di una nuova speranza. Che la forza sia con loro.

Alessandra De Luca

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