ROMAFF11, “FRITZ LANG”: IL LATO OSCURO DEL MITO

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Fantascienza, melodramma, poliziesco, wester. Da Metropolis a Il dottor Mabuse passando per M – Il Mostro di Düsseldorf, Fritz Lang, è tra i grandi nomi più grandi della storia del cinema. Tra i primi a concepire con consapevolezza il ruolo di regista come direttore d’orchestra di un lavoro composto da più sfaccettature (estetiche, narrative, strutturali), ha influenzato indistintamente il cinema muto e sonoro, protagonista della sua transizione rivoluzionaria. Il docufilm di Gordian Maugg, partendo proprio dal fatto di cronaca nera che sconvolse la Germania durante la metà degli anni ’20 ad opera di Fritz Haarmann e che ispirò Lang per la realizzazione del suo capolavoro M – Il Mostro di Düsseldorf – «Sono convinto che Lang abbia incontrato l’assassino», racconta il regista, «Aveva letto i fascicoli delle investigazioni relative a questi crimini ma creò un film che quasi portava lo spettatore a provare pietà per questo criminale» -, traccia un percorso a ritroso nella vita del regista viennese, dal periodo trascorso nell’esercito ai primi tentativi di sfondare come cineasta, per approfondire un lato oscuro della sua vita e della sua personalità. Maugg, infatti, analogamente al lavoro dello scrittore americano Patrick McGilligan nella sua biografia “Fritz Lang: The Nature of the Beast”, ipotizza insieme al suo co-autore Alexander Hausser, che il regista possa essere il responsabile di alcuni omicidi realizzati in patria anni prima del suo trasferimento a Hollywood per sfuggire al Nazismo, grazie anche alla consulenza del criminologo berlinese Ernst Gennat.

Nell’anno del quarantennale della morte di Lang, la pellicola, ricostruisce la figura di un uomo ossessionato dal sesso e dipendente dalla cocaina, con una “classica routine notturna” accettata dalla seconda moglie e collaboratrice Thea von Harbou che divorziò dall’attore Rudolph Kein-Rogge, lo scienziato pazzo di Metropolis, per stare con Lang, in seguito alla morte violenta e sospetta della sua prima moglie, Lisa Rosenthal, nel 1920. «Credo che abbia realmente ucciso la moglie», confida Heino Ferch che nel film interpreta proprio il regista viennese, «E che M- Il Mostro di Düsseldorf gli sia servito per risolvere il suo conflitto interiore, presentando l’assassino come una persona per la quale provare empatia». In un bianco e nero sorretto dall’uso naturale e sofisticato di materiale d’archivio – «Il merito è dei miei colleghi che hanno girato per le strade di Berlino negli anni ’20 e al lavoro di restauro di questo materiale che permette di dare uno sguardo ad un mondo che non esiste più. Credo nel potere della pellicola e mi inchino a chi ha fatto questo lavoro» -, Gordian Maugg, unisce persone esistite e fatti realmente accaduti che hanno come comun denominatore l’ambiguo padre dell’Espressionismo.