ROMAFF11, “GENIUS”: L’IMPORTANZA DELLE PAROLE

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Genius: non poteva esserci titolo più azzeccato per il biopic dedicato, parallelamente, a due dei più influenti personaggi del ‘900, presentato alla Festa del Cinema di Roma e che sarà al cinema dal 10 novembre.

Diretto dal regista teatrale Michael Grandage, il film tocca le vite, unendole come è avvenuto nel 1929 tra le nuvole di New York, dell’editor Max Perkins – colui che ha ”scoperto”, ascoltato e pubblicato due immensi: Francis Scott Fitzgerald e Hernest Hemingway – e quella, conturbata, totale, nevrotica e (appunto) geniale dello scrittore e poeta Thomas Wolfe. Tratto dal libro di Andrew S. Berg, “Genius. Marx Perkins, editor dei geni”, e sceneggiato da John Logan (una delle firme dietro a Il Gladiatore e Skyfall), la pellicola incastra parole ed emozioni, impresse sui volti dei due protagonisti, interpretati da Colin Firth e Jude Law (affiancati da due altre ”grandi”: Laura Linney e Nicole Kidman), entrambi capaci di legarsi empaticamente non solo all’intento del film, ma soprattutto riescono a stabilire, come fosse un romanzo dagli splendidi e magnetici personaggi, un vero e proprio rapporto con lo spettatore.

Se, a memoria, non ricordiamo nessun film ”debole” interpretato da Colin Firth – e in Genius dimostra di essere ancora una volta un interprete completo –, sbalordisce – ma c’era da aspettarselo – Jude Law nei panni ”pesanti” di Wolfe, più che altro per aver saputo mantenere, senza alterarle, le miriadi (per usare un termine ”caro” a Wolfe) di sfumature che possedeva in vita. Inutile dirlo che tutti e due, la loro coppia, il loro rapporto intenso e appassionato, non potrà non lasciar indifferenti i membri dell’Academy. Ma, premi e statuette a parte, è proprio la passione il moto ondoso che scorre in Genius, nonostante il film sia di quelli puliti, lineari, che sa dosare nel giusto modo lacrime e, dato che non fanno mai male, pure qualche sanissima risata. Del resto, Firth e Law, Wolfe e Perkins, sono direttamente incatenati dalle e alle parole: uno le scrive, infinite, su pagine e pagine, l’altro, come un giardiniere, le taglia inesorabilmente, così da poter far sbocciare i fori più belli. E il film, con la propria ma giusta semplicità, ritaglia i contorni di queste due figure, le rende essenziali ma al contempo complicate, in pace con i loro sensi ma in continuo contrasto. Potere delle parole, potere del genio, potere del cinema.