TFF2015: “BROOKLYN”, TUTTE LE LUCI DEL CUORE

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Nella sezione Festa Mobile del Torino Film Festival c’è il luminoso e caloroso film diretto da John Crowley e interpretato dagli eccezionali Saoirse Ronan e Emory Cohen. La pellicola, presumibilmente già in odore di candidature all’Oscar, arriverà in Italia nei primi mesi del 2016.

BrooklynAndiamo subito al punto: in Brooklyn, diretto dall’irlandese John Crowley e scritto da quel geniaccio di Nick Hornby – basandosi sull’omonimo libro di Colm Toibin – ci sono tante cose belle. È un insieme, di cose belle e limpide. Ma una colpisce più delle altre, ovvero il nome della protagonista: Eilis Lacey. Che ricorda tanto Ellis, come le lacrime di Ellis Island, quell’isolotto a pochi chilometri da New York, che segnava l’arrivo nella terra dei sogni. Infatti la storia, in Brooklyn, che è un film dall’impostazione classica ma dalla narrazione quanto mai moderna che potrebbe non aver una sua definizione canonica (a tratti è una commedia quasi fiabesca, poi storia d’amore ma anche dramma e romanzo di formazione), racconta che, nel 1952 (due anni prima della chiusura di Ellis Island), la luminosa Eilis Lacey lascia la verde ma troppo piccola Irlanda per “cercar fortuna” (ma non è una spiantata) nella Grande Mela. Arrivata negli States, con la nostalgia che le invade gli occhi e il via vai di lettere scambiate con sua sorella maggiore Rose, si stabilizza nella “mansueta” Brooklyn, dove conosce l’italiano Tony. Per Eilis, finalmente New York è diventata una (nuova) casa. Ma, inaspettatamente e drammaticamente, la (quasi) dimenticata Irlanda torna nella sua vita, imponendole una delicata scelta.

BrooklynMettendo da parte per un attimo il plot e i vari strati narrativi della pellicola, ma continuando l’elenco delle ”cose belle” in Brooklyn, non si può non sottolineare il cast. Caloroso, affiatato, coinvolto. Perché, se la protagonista Eilis interpretata da una bravissima Saoirse Ronan è già in odore di candidatura all’Oscar – la sua storia personale spiega la perfetta aderenza al personaggio: nata a New York da genitori irlandesi, e trasferitasi poi proprio in Irlanda, a Carlow -, gli altri attori non sono da meno. Certamente la padrona di casa a Brooklyn, una spassosa e a suo modo dolce e mitica Julie Walters, ma anche (e soprattutto) un altro giovane attore: Emory Cohen. Perfetto per la parte del romantico Tony, l’interprete americano (diversi film all’attivo, tra cui Come un Tuono, ma dopo Brooklyn sentiremo molto parlare di lui) ha una faccia diversa, da divo degli anni ’50, con il sorriso sghembo e l’occhio vispo. Un perfetto “guascone” dal cuore eccezionalmente d’oro. Come non si vedevano da molto tempo.

BrooklynPoi la storia, perché Nick Horby, storyteller d’eccezione qual è, consegna nelle mani di John Crowley – anch’esso contiguo all’universo di Brooklyn, essendo irlandese DOC – una sceneggiatura che fa scaldare, sorridere, ridere, piangere. Ma fa pure immedesimarsi, perché, in fondo, Brooklyn, oltre essere la vicenda di un’emigrata negli anni ’50, è anche la crescita di Eilis, è la sua maturazione, che passa attraverso gli sbagli che tutti abbiamo fatto, in cui tutti finiamo per rispecchiarci. Ecco, quindi, che John Crowley, che riempie il film di sprazzi di luce significativi ed emozionanti, non scende mai nel semplicistico dramma, annulla la distanza tra grande schermo e platea (per aumentare quella dolorosa, tra una costa e l’altra di due mondi che mai saranno gli stessi), completando il dramma stesso di numerose altre sfumature sintattiche e grammaticalmente precise. Dall’amore alla scoperta di qualcosa di grande e mai visto (che potrebbe essere il nuovo mondo o l’amore stesso, entrambi paurosi, entrambi bellissimi), fino all’ineluttabilità del destino e di ciò che (ri)porta, Brooklyn è un esempio di come una piccola e semplice storia sappia essere il riflesso perfetto dei nostri sogni e della nostra memoria.

Damiano Panattoni