“THE TRIBE”: IL RUMORE DEL SILENZIO

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L’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy firma la regia del suo primo lungometraggio: un’ opera girata interamente nella lingua dei segni e tra i titoli più potenti del 2015. Dopo essere stato presentato a Cannes e uscito nelle nostre sale lo scorso maggio, approda in home video grazie a CG Entertainment.

TribeCi sono film che rimangono in testa anche dopo essere usciti dal buio della sala. Ritornano alla mente con immagini o brevi sequenze che si fatica a cancellare, come se per assorbirle a pieno, “digerirle”, ci sia bisogno di un certo scarto temporale. The Tribe s’inserisce in questa categoria grazie alla storia di Sergei (Grigoriy Fesenko), un ragazzo affetto da sordità, che conosciamo il giorno del suo arrivo in un collegio periferico dove vivono altri ragazzi e ragazze con la sua stessa problematica. E non ci mette molto a capire, Sergei, che tra i corridoi ed il cortile di quel grande dormitorio grigio e freddo, colorato solo dai tag dei graffiti di qualcuno di loro, vige la legge del branco, fatta di regole non scritte da ragazzi come lui ai quali decide di unirsi per non soccombere al loro bullismo, alla loro violenza cieca, carica della rabbia dell’abbandono, del rifiuto per essere nati “difettosi”. Un’aggressività che decidono di riversare su chi è come loro, magari solo meno prepotente o indifeso, come se non fossero altro che superfici riflettenti nelle quali specchiarsi per punire sé stessi, rei di non essere stati capaci di farsi amare a sufficienza. E proprio l’amore, sentimento inaspettato e sconosciuto, di Sergei per Anna (Yana Novikova), una delle sue compagne di classe costretta a prostituirsi tutte le sere in una stazione di sosta per camionisti nella periferia vuota di Kiev, scatena nel giovane in bisogno di ribellarsi a quella spirale di violenze, droghe e soprusi infiammando l’inevitabile epilogo liberatorio e tragico.

The TribeThe Tribe, primo lungometraggio dell’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, uscito lo scorso maggio nelle nostre sale grazie a Officine Ubu, trova ispirazione nel corto realizzato nel 2010 intitolato Deafness, presente, insieme al Backstage, nell’edizione Home Video curata da la CG Entertainment. Una sorta di bozzetto preparatorio di quello che avrebbe approfondito quattro anni dopo nel suo intenso debutto. Vincitore del Gran Premio della Semaine de la critique di Cannes67, il film, è interamente girato nella lingua dei segni, senza l’uso dei dialoghi o di musiche di accompagnamento, e recitato da veri ragazzi sordi al loro esordio davanti l’obiettivo della macchina da presa. Elemento questo che apporta una maggiore veridicità ai gesti, a quei dialoghi muti eppure vibranti che accompagnano lo spettatore per due ore nelle quali gli sarà impossibile restare indifferente davanti alla storia tragica, brutale e furiosa che si consuma tra le mura scrostate del collegio, parchi giochi abbandonati e squallidi parcheggi periferici. Un viaggio di formazione estremo che mostra l’assolutezza di amore e odio, sentimenti mostrati nella loro essenza più profonda. Un coming of age portato ai limiti e realizzato con uno stile registico raffinato, fatto di piani sequenza e macchina a mano, ma crudo nella sua messa in scena. Una crudezza intervallata solo da brevissimi attimi di dolcezza che vedono protagonisti gli ignari innamorati, Sergei e Anna, illuminati dalla fotografia di Valentyn Vasyanovych, che trasforma i loro corpi nudi in statue animate.

the tribeThe Tribe, con il suo omaggio al cinema muto, ai movimenti sinuosi dei corpi di West Side Story nelle sequenze corali e agli sketches di Buster Keaton riprodotti in versione distorta nelle scene di lotta, si attesta come uno dei titoli più potenti del 2015. Una pellicola imperdibile per tutti gli amanti del cinema, per chi vuole perdersi nelle storie di personaggi irreali eppure così veri nelle emozioni che vivono e raccontano. Un’opera capace di parlare senza pronunciare una singola parola, lasciano che sia il rumore assordante del silenzio a riecheggiare sullo schermo.

Manuela Santacatterina