Nella Gallery virtuale di Cannes ecco l’atteso ritorno in Top of the Lake – China Girl, di Elisabeth Moss, il detective Robin Griffin, capello corto e decisione fredda nello sguardo, di nuovo single in evidente difficoltà e con un’ombra nel passato (chi ha visto le altre stagioni, sa). Infarcito di atmosfere da Twin Peaks lacustre e da una vena di femminismo oltranzista che la Nuova Zelanda ancora coltiva. Diretta da Jane Campion con Gerard Lee, la serie ritorna brividi e mistero fin dall’inizio.
Una grossa valigia Samsonite azzurra finisce in fondo al lago spinta da due strambe persone e più volte la macchina da presa tornerà sotto il pelo dell’acqua registrandone il lieve disfacimento, mentre una lunga capigliatura scivola fuori dal bagaglio e i capelli neri fluttuano nell’acqua e in superficie. Sarà quel cadavere la China Girl su cui indagare?
La calma borghese del lago, come quella dell’Oceano Pacifico di Little Big Lies, è scossa dal ritorno di Robin, dall’arrivo di Gwendoline Christie direttamente da Il torno di Spade e da quel professore bizzarro che ama insegnare alle prostitute ma si innamora della figlia diciassettenne di Nicole Kidman. Non lo dimostra, ma è un signore perbene e ne chiede la mano. Reazione imbizzarrita della sempre più trasgressiva Nicole, il suo personaggio è stata all’Università dove ha fatto studi femministi e ancora si definisce orgogliosamente tale. Scontro finale fra maschio e femmina, con confusione di genere.
Finalmente i biondi capelli da Barbie della star si fanno grigi, lunghi, poco coltivati e crespi. Nessuna pettinatura glam, eppure così, anche con quelle lentiggini e quelle macchie sul viso ci piace di più. Ci piace tanto. Le bastava mettersi in mano a Jane Campion per rinascere del tutto, nuova regina dei festival, del cinema indipendente e di Cannes (dov’è anche protagonista in How to Talk to Girls at Parties, The Killing of a Sacred Deee, The Beguiled). I capelli, nella vita come in Top of the Lake, sono indizi importanti.
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