Orfeo ed Euridice a spasso per New York. A reinterpretare il mito greco questa volta è Gia Coppola, nipote del grande Francis Ford, che gira sei filmati sulla collezione Gucci Prefall 2016.
Nata dalla collaborazione del pluripremiato studio 23 Stories x Condé Nast e la storica casa di moda, la serie avrà come protagonista Lou Doillon, la figlia del regista Jacques e di Jane Birkin, oltre allo styling di Arianne Phillips. «La narrativa digitale, sia essa espressa attraverso cinema, social media o tradizionale giornalismo, è il modo in cui il pubblico del nuovo millennio ama essere coinvolto oggigiorno» spiega Marco Bizzarri, presidente e CEO di Gucci. Disponibile su Vogue.com, VanityFair.com, GQ, NewYorker, WMagazine.com, Pitchfork.com e Gucci.com, oltre a essere distribuita in tutto il mondo sulle principali testate digitali del gruppo Condé Nast, la serie riporta Gia Coppola a quel mondo della moda da cui era partita. A 25 anni la nipote di Francis debutta con un cortometraggio per la sua amica Wendy Mullin, fondatrice del marchio Built by Wendy. Il suo primo corto di moda ebbe così successo da aprire la strada ad altri, con protagonisti Kirsten Dunst, Jason Schwartzman, Zac Posen e Diane Von Furstenberg.
Ma la giovane Coppola, cresciuta sui set di zia Sofia, non è stata la prima a trovare ispirazione negli equilibri e simmetrie della haute couture. Da Colazione da Tiffany agli ultimi biopic su Yves Saint Laurent, modelle, stilisti e talentuose couturier hanno convinto numerosi registi a dispiegare le loro stoffe anche sul grande schermo. Era il 1956 quando Audrey Hepburn, allora modella, accettò per Cenerentola a Parigi la parte di una timida bibliotecaria che la direttrice di una rivista di moda voleva trasformare in una regina delle passerelle. Meno bon ton e più groove invece è Blow-up di Michelangelo Antonioni che attraverso la vicenda di un fotografo di moda ci riporta nella Swinging London degli Anni ’60.
La crescente curiosità per quel mondo glitterato di paparazzi, imprenditori rampanti, bel mondo e opere d’arte indossabili ha portato alla diffusione di film biografici sulle vite degli stilisti. Come, per stare in tempi recenti, Coco avant Chanel – L’amore prima del mito (2009) di Anne Fontaine, che racconta la storia dell’iconica sarta francese, interpretata da Audrey Tautou, che iniziò la propria carriera in un negozio di stoffe lontano da Parigi. Se poi Dior and I di Frederic Tcheng ci porta dietro le quinte della maison Dior, Yves Saint Laurent di Jalil Lespert ci porta fuori dai riflettori, nella turbolenta vita dello stilista. A sentir parlare i creatori, la moda è una cosa seria, ma non quando vediamo al cinema Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada, nei panni della dispotica direttrice di Runway (ispirata come tutti sanno alla mitica Anna Wintour di Vogue America) o Zoolander 1 e 2 di Ben Stiller. La parodia della moda in chiave pop fa sorridere di quel mondo prigioniero dei suoi riti e rigide convenzioni. Capita poi anche che gli stessi stilisti si mettano a fare i registi, come Tom Ford che, dopo aver rilanciato Gucci e Yves Saint Laurent, nel 2009 debuttò alla regia con A single man, ispirato a Christopher Isherwood, Queer Lion a Venezia e coppa Volpi per il protagonista Colin Firth, affiancato da una magnifica e stilosissima Julianne Moore. Questione di punti di vista per uno stesso amore, dunque. «Tu amavi la bellezza Yves…. non si sa da dove proviene un gusto, un istinto, nessuno te lo insegna da dovunque veniamo….noi nasciamo con esso …». Le parole rivolte a Yves Saint Laurent sull’attitudine naturale alla bellezza potrebbero valere così anche per Gia Coppola, nel cui Dna ritroviamo i geni condivisi dalla sua famiglia.