Qualcuno potrebbe definirlo uno spin-off di The Tree of Life, almeno della sua parte visionario-documentaria. In effetti Voyage of Time: Life’s Journey è l’ulteriore scarto di lato, rispetto alla fiction tradizionale, di Terrence Malick: un cineasta quasi traslocato nei territori della video-arte, se non in quella della filosofia/teologia per immagini. Questo è il frutto di un lavoro pensato e cesellato in oltre 30 anni (cominciò nel 1979 con un progetto chiamato Q poi abbandonato).
Un fiume di immagini che vuole diventare una rapsodia visiva: la storia della Terra, all’interno di quella del creato, la terribilità di fenomeni naturali tra il terrificante e il sublime, la bellezza e la potenza della natura nel micro e nel macro della natura, ricostruzioni delle ere perdute sino a squarci della società contemporanea. Tra naif e ultima frontiera dello spettacolo a FX, l’impianto è tuttavia un po’ appesantito dal commento, affidato alla profonda voce di Cate Blanchett. Citazione d’obbligo infine per il capo del team degli effetti speciali visivi, Dan Glass. Bello (a squarci) e ipnotico, però molto probabilmente spettacolo più consono a qualche canale televisivo a tema geografico-scientifico, che non posizionato in un concorso di film.